Carpignano Sesia

Topi, gatti e un gran cane alla corte del governatore

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Quando frequentavo la scuola elementare, spesso qualche compagnuccio mi chiedeva se per caso fossi figlio di un “terrone“. Lo ero, ma non capivo bene cosa volesse dire. Qualcuno (e qualche mammina dei compagnucci), insinuava che oltre ad essere figlio di un “terrone”, fossi anche nipote di un “rascon”. Lo ero. Se tutti ormai conoscono il significato del termine “terrone”, molti non conoscono il significato dispregiativo di “rascon”: i “rascon” erano i veneti e mio nonno Giovanni detto “Nane” era di Venezia. Quindi, come nella peggiore delle ipotesi , si incarnavano in me due “razze inferiori”, agli occhi degli ariani novaresi: i napoletani e i veneti.

 

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Così, almeno, sapete con chi avete a che fare. Se mio papà mi diceva che quelli che facevano queste affermazioni, erano solo degli ignoranti (allora il termine “razzista” si usava solo per quelli che ce l’avevano con i “negri”), mio nonno Giovanni, mi diceva che lui non era un “rascon” e nemmeno un “veneto”, bensì un “veneziano” e che semmai “i rascon, xe quei magnagati de Vicensa”. Riassumendo, potevo stare relativamente tranquillo. Eh sì, perché i veri “rasconi” erano i vicentini che mangiavano i gatti. Devo ammettere che in questi giorni sono rimasto un po’ spaesato dal fatto che il Governatore del Veneto, Zaia, abbia affermato che i cinesi mangiano i topi vivi. Va beh, poi ha detto che si è sbagliato e che è stato frainteso ecc. ecc. ma anche aggiunto che noi abbiamo una certa “cultura”, per cui non ci comportiamo come loro, ci laviamo, e tutte altre civilissime cose che loro non fanno.

Mi sorge però spontanea una domanda: e i vicentini? Mangiano o non mangiano i gatti come dice il detto? Questo mi ha fatto riflettere sul fatto che se il mondo fosse popolato solo da vicentini e cinesi, Tom & Jerry non sarebbero mai esistiti e conseguentemente avrebbero fatto la fame anche Hanna & Barbera. Poi però mi sono ricordato che il primo veneziano che si prese la briga di andare in Cina, per verificarne gli usi e i costumi, non fu affatto il Governatore Zaia, ma un veneziano, un certo Polo, non quello della Wolksvagen, ma quello del “Milione” (che non è quello del Signor Bonaventura, ma un altro).

Questo Polo Marco, nel suo bel librone scrisse del Gran Cane (noi lo chiamiamo Gran Can per non confonderlo con la bestiola), e dice: “Sappiate di vero sanza mentire, che ‘l gran signore dimora nella città del Catai tre mesi dell’anno, cioè dicembre, gennaio e febbraio. Egli ha ordinato che quaranta giornate d’intorno a lui, che tutte le genti debbiano cacciare e uccellare. E hae ordinato che tutti signori di genti, di terre, che tutte le gran bestie selvatiche, cioè cinghiari, cervi e cavriuoli e dani e altre bestie, gli sieno recate…” Insomma, niente topi. Anche il Signor Ramusio, che redasse in lingua italiana il diario di viaggio del Signor Polo Marco, sembra essere dello stesso parere.

Insomma il gran Cane non usava mangiare i topi, ma i vicentini mangiavano i gatti, tanto per ristabilire un po’ di verità. E i terroni? Quelli mangiavano la pizza e così tutti vissero felici e contenti.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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