Carpignano Sesia

Jojo Rabbit

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Per una volta cominciamo dalla colonna sonora. Può un film sul nazismo incominciare conI want to hold your hand” dei Beatles, comprendere in sé Tom Waits e chiudersi con Helden”, ovvero la versione tedesca di Heros” di David Bowie? Sì, può, ma il regista deve essere in odore di genialità e il neozelandese Taika Waititi lo è. Jojo Rabbit”, tratto dal romanzo Caging Skies” della scrittrice belga-neozelandese Christine Leunens, racconta in maniera grottesca ed ironica la storia di  Jojo Bletzer, un ragazzino di dieci anni, appartenente alla Gioventù hitleriana”, che ha la facoltà”di parlare direttamente con Hitler, come il Calvin di Bill Watterson parla col la sua tigre Hobbes. La madre di Jojo, Rosie, interpretata da Scarlett Johansson, nasconde però in casa propria una ragazza ebrea, Elsa Korr che finirà col convincere il piccolo Jojo della assurda stupidità delle teorie naziste sulla razza, con linevitabile e  scoppiettante quasi” lieto fine. È evidente che, ancora una volta, dopo La vita è bella” di Roberto Benigni, la questione in gioco è sempre la stessa: si può trattare una tragedia come quella nazista, con corollario di guerra ed olocausto, con le armi dellironia, della leggerezza, del gioco? La risposta è sicuramente affermativa. Ridicolizzare il nazismo può essere unarma potente che il cinema può offrire alla platea dei più giovani (non a caso il film è distribuito in Italia  dalla Disney) e se a farlo è un regista di grande talento come sembra essere Taika Waititi, la materia, se pur delicata, sembra plasmarsi e adattarsi anche ad una didattica cinematografica di tipo nuovo. Le atmosfere e le gags pagano probabilmente un tributo a registi com Wes Anderson o magari a certe tipologie umane alla Jean-Pierre Junette e Marc Caro; ricordiamo, inoltre, che lo stesso regista non disdegna di interpretare nel film un Hitler caricaturalmente molto divertente”, che riunisce in chiave grottesca tutti i tic e i deliri paranoici del dittatore. Un film da vedere e, soprattutto, da far vedere, alle giovani generazioni, magari anche in occasione della imminente Giornata della memoria”.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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