Per me prima Pansa era La Repubblica, il quotidiano che leggevo da ragazzo, le cronache del terrorismo, quelle dei Congressi della Dc, del PSI.
Poi era il suo romanzo dedicato a Tangentopoli, così realistico , tenero, vero.
Poi erano i libri dedicati alla sua infanzia, come quella di tante famiglie del Piemonte qui vicino, a Casale Monferrato, la vita del nostro Paese a cominciare dalla tragedia del Vajont.
Poi la ricostruzione storica a volte necessaria e utile , a volte troppo esposta ai rischi del relativismo e del revisionismo ma sempre pronta a raccontare gli uomini, nei loro vizi, nella loro generosità , nelle loro miserie, nel loro coraggio.
La chiarezza, l’ironia, il gusto per la narrazione popolare ma mai superficiale, la libertà di rischiare, sbagliare, criticare, non voler stare in un branco, rinunciare, farsi contestare e detestare, la libertà anche da se’ stessi, dal mostro sacro che si era diventato e che è stato pronto a sacrificare.
La libertà è tanto, è Tutto, Pansa può aver commesso degli errori, ma era un uomo libero, un giornalista libero e questo gli è bastato.
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