Comico, autore, performer. Ma prima di tutto: TurboPaolo. Un nome che sui social è ormai sinonimo di sketch, comicità e amore per la provincia. Incontrarlo significa attraversare quel confine sottile tra video da smartphone e palco teatrale, tra ironia leggera e riflessioni autentiche su cosa significhi oggi essere un artista che si misura con i social network e le prime teatrali.
Come nasce TurboPaolo?
«È partito tutto da un’esigenza personale, quella di fare, esprimermi. Era una cosa che mi veniva naturale e poi si è concretizzata in video verticali, soprattutto su TikTok. All’inizio volevo diversificare: Instagram, TikTok, magari anche YouTube. Ma poi ho capito che tecnicamente era un delirio. Quindi mi sono concentrato su ciò che funzionava e sulla ricerca di un pubblico. E funzionava: le prime 10.000 views erano per me già un successo. Oggi lavoro su diverse piattaforme che, però, non riescono a garantire a un artista di vivere, al netto della monetizzazione di Facebook che comunque non riesce a farti vivere. Il modo di rendere sostenibile economicamente questo lavoro è avere contatti con i brand oppure fare i live a teatro».
E oggi, infatti, porti in tour uno spettacolo teatrale. Come sei passato dallo smartphone al palcoscenico?
«Con naturalezza, anche se non era scontato. Ho iniziato caricando pochi spezzoni dello spettacolo perché non volevo spoilerare tutto online. Eppure la gente si è fidata, ha comprato il biglietto per venire a vedere dal vivo una persona che avevano visto solo in video. È andata bene: mi sono divertito, il pubblico pure e qualcuno è anche tornato a vedermi. All’inizio io ero agitato, ma poi ho imparato a capire i feedback del pubblico e, anche nelle mie tappe all’estero ho capito che la generazione è la stessa e le persone rispondono allo stesso modo».
Ti porti sempre dietro Novara e la provincia. Che ruolo hanno nella tua comicità?
«Raccontare il locale è diventato quasi un trend, ma per me è sempre stato così. Le persone si riconoscono in quelle storie anche se arrivano da posti diversi: un ragazzo di Lucca ride delle stesse cose di uno di Galliate. La provincia ha dei codici comuni e forse adesso raccontarla è diventato un trend, perché parlare di cose distaccate non ha molto senso. Il bello per me è riuscire a dare luce a delle dinamiche locali in cui le persone si possono riconoscere».
Rimarresti legato a Novara anche in futuro?
«Non penso che me ne andrò. Se continuerò a comunicare con la mia comicità, sento che il mio posto è qua. Se un giorno dovessi cambiare completamente carriera, allora chissà, ma finché continuerà la mia attività artistica e creativa, qui sto bene».
Che consiglio daresti a un giovane novarese che vuole iniziare un percorso creativo?
«Di ridurre tutto all’osso ed eliminare il superfluo. Non serve sempre pensare in grande, almeno all’inizio quando basta fare un video e pubblicarlo partendo da ciò che puoi fare oggi, con quello che hai. E poi costruisci, poco alla volta, senza dimenticare di divertirti».
Hai un sogno nel cassetto?
«Sì. Vincere il “Premio Novarese dell’Anno“. Vorrei raggiungere il riconoscimento più alto per un novarese che è in realtà una medaglia e che io vorrei ribattezzare in qualcosa di più pop: “Il Biscottazzo“. Con tanto di medaglia a forma di biscotto e una cerimonia ufficiale di premiazione. Se leggete dalle alte sfere delle istituzioni vi prego: riconoscetemi la novaresità, mettetemi a capo della commissione per rebrandizzare il premio e poi assegnatemelo (ride)».
Quando possiamo vederti a teatro?
«Chiudiamo il tour a Novara, il prossimo 14 ottobre al Teatro Coccia. Sarebbe fantastico se il sindaco mi premiasse a sorpresa sul palco. Facciamo finta che non lo sappia… così quando succederà mi farò trovare sorpreso!»
E dopo?
«A Natale pubblicherò lo spettacolo in video, magari su una piattaforma. Poi una pausa. Ho nuovi progetti, ma vediamo. Nel 2026 torno in tour. Ma questa è un’altra storia».
TurboPaolo è la prova che si può partire da Novara e far ridere mezza Europa, senza perdere l’ironia e il senso del luogo da cui si è partiti. Perché, come dice lui stesso, se ti fai ridere a Galliate, puoi far ridere anche a Bruxelles.