Perché esattamente fosse furioso Orlando, non mi è mai stato chiaro; forse perché leggendo il testo, della “furia” resta solo la traccia semantico-linguistica, ma non certo espressa in gesto, voce, mimica. Ci sarebbe voluto qualcuno che Orlando lo “interpretasse” proprio come fece fare Luca Ronconi a Massimo Foschi al Festival dei Due Mondi di Spoleto, nel 1969e alla cui messa in scena, Federica Fracassi dice di aver tratto ispirazione. L’attrice si è cimentata giovedì 1 ottobre nel Salone dell’Arengo del Broletto dinnanzi all’attento pubblico della prima edizione del “Nu Festival” e non se l’è cavata male nella lettura dell’Orlando e nell’introdurre i canti con brevi e poetici commenti.
Certo il riferimento al capolavoro ronconiano non poteva essere che puramente evocativo, poiché confrontarsi con l’inarrivabile non è nemmeno da pensare, soprattutto quando, in quella edizione, c’era la riduzione teatrale di un certo Edoardo Sanguineti, un’Angelica che di nome faceva Ottavia (Piccolo) e musiche di Salvatore Sciarrino. Qui, a “sviolinare” per le gesta del “furioso”, è un bravissimo Piercarlo Sacco con musiche originali ed incredibilmente adatte al commento del testo.
Venerdì 2 ottobre l’attenzione si è spostata sulla danza, questa volta sotto le volte della Basilica di San Gaudenzio e sotto l’accogliente ventre della cupola antonelliana, che da qualche anno è divenuta il più grande palcoscenico in un luogo sacro della città. “Pastorale” è il titolo della straordinaria coreografia di Daniele Ninarello, questa sera tra i quattro performers insieme a Vera Borghini, Lorenzo Covello, Francesca Dibiase e musicata da Dan Kinzelman. “Pastorale” è anche il titolo di un enigmatico (ma non troppo), quadro di Paul Klee, un tessuto segnico apparentemente ripetitivo ma che propone piccole variazioni su motivi architettonici, naturali e decorativi, così come i “corpi” di Ninarello e dei suoi performers “agiscono” lo spazio e lo fanno abitare dal movimento, dalla variazione continuata e minimale, fino a renderlo saturo di senso. Come monadi nel loro processo di “annichilazione”, i corpi singoli vanno a comporre un’ armonia delle sfere ipnotica e necessaria.
Un vorticare di corpi dall’anatomia ad assetto variabile, sostenuta e tormentata dalle variazioni del flusso continuo della musica di Dan Kinzelman. Uno spettacolo di rara bellezza, pregno di pensiero e non solo di abilità artistiche e motorie. La variazione infinita di individualità che acquistano senso, solo come un insieme. Dietro al “concept” di Daniele Ninarello, c’è anche e forte, l’influenza della “letteratura pensosa” di Philip Sollers, grande guru dell’avanguardia letteraria francese degli anni Settanta e Ottanta e in particolare del suo “Nombres”, dove cento brevi capitoli narrano del nostro errare e del nostro perenne movimento esistenziale. “Nu Festival”, sempre più uno scrigno delle meraviglie.
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