Venerdì 29 Maggio, all’interno delle strutture, i lavoratori indosseranno la fascia a lutto al braccio; e mentre a Torino, in piazza Castello sotto il palazzo della Regione, si terrà un presidio simbolico “nel rispetto di quanto previsto dai decreti”, a Novara e Verbania saranno organizzati flash mob social. Lo annunciano le segreterie regionali delle categorie dei lavoratori delle case di riposo di Cgil, Cisl e Uil che hanno inviato una lettera aperta alla Regione per denunciare, e ribadire, le «criticità che hanno reso drammatica la situazione nelle Rsa». «Per onorare le vittime delle Rsa – si legge in una nota sindacale congiunta – ed insieme protestare nei confronti di una gestione dell’emergenza, che invece che individuare gli errori commessi, per provare a salvare delle vite, pensa solo su chi scaricare le colpe».
E quel che le segreterie di categoria ribadiscono sono i sette punti fondamentali, le sette criticità, che da marzo vanno denunciando.
«Esecuzione tardiva dei tamponi sia sugli operatori che sui degenti che andavano eseguiti a scopo preventivo per individuare tempestivamente i positivi, sintomatici e non; gli isolamenti in struttura sono stati fallimentari; Incongruenze tra le linee guida e i protocolli delle Asl territoriali e quelli della Regione e dell’Unità di Crisi, che hanno generato errori nella gestione dell’emergenza e confusione; Mancata fornitura di protezioni individuali al personale che lavora nelle rsa, e in particolare, a quello sanitario; Inefficace attività dei servizi di igiene pubblica presso le Asl (tamponi al personale sanitario posto in quarantena mai pervenuti durante il periodo di sorveglianza sanitaria e mancato isolamento dei relativi contatti); Dimissione dei pazienti dagli ospedali e accesso alle rsa in assenza di tampone, dando origine a contagi. Assenza di dati certi sulla diffusione dell’epidemia nelle strutture e sulla mortalità. L’assenza di accertamenti diagnostici atti a rilevare eventuali positività tra i degenti deceduti comporta una sottostima della mortalità riconducibile a Covid 19».
«Ad oggi l’emergenza nelle strutture non è finita – rimarcano – La nostra voce e quella dei lavoratori che rappresentiamo, che prestano servizio nelle strutture ogni giorno con dedizione per poco più di 1000 euro al mese e sottoposti al ricatto occupazionale nel caso in cui decidano di denunciare le condizioni in cui lavorano, è rimasta inascoltata. E gli esiti purtroppo sono stati la diffusione del contagio e un triste bilancio in termini di perdite di vite umane».
E tra i motivi della protesta anche la questione del mancato riconoscimento di un premio «al pari dei colleghi del pubblico impiego».
«In prima linea, ad affrontare questa disastrosa situazione – aggiungono infatti i sindacalisti – ci sono loro, gli invisibili; si parla giustamente di premi per gli operatori della sanità pubblica, ma gli operatori delle strutture socio sanitarie e socio assistenziali ancora una volta vengono considerati professionisti di serie B. Per loro nessun premio da parte delle istituzioni o da parte dei datori di lavoro, gli unici riconoscimenti ricevuti ad oggi sono quelli a cui è impossibile assegnare un valore: le strette di mano di chi non c’è più».
Di fondamentale importanza per i sindacalisti terminare con urgenza il monitoraggio di tutti gli operatori e di tutti i degenti (al momento è già iniziato il secondo giro di tamponi sugli utenti delle case di riposo «ma la sorveglianza generalizzati su tutti gli operatori – dice Paolo Del Vecchio, Cgil Fp Novara e Vco – non è ancora stata decisa»), fornire adeguati dispositivi di protezione al personale, adibire strutture dedicate per i pazienti Covid, riconoscere l’infortunio per coloro che hanno contratto il virus e il riconoscimento di un premio «anche per questi professionisti, al pari dei colleghi del pubblico impiego».
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