VIDEO – A Novara la piazza che non tollera chi racconta

Il comitato Remigrazione e Riconquista ha manifestato questa mattina in piazza Gramsci e ha cercato di impedire al nostro giornalista di scattare foto e riprendere il sit in

È arrivato a Novara il raduno regionale del comitato Remigrazione e Riconquista, una realtà nata a livello nazionale e sostenuta da diverse sigle dell’area della destra estrema, tra cui CasaPound e Rete dei Patrioti. In piazza Gramsci questa mattina, 1 novembre, erano presenti un centinaio di uomini che hanno organizzato un presidio con bandiere tricolore e lo striscione della campagna. Il comitato, si legge sul suo sito ufficiale, è «un’iniziativa congiunta di quattro realtà fondatrici – CasaPound Italia, Rete dei Patrioti, Veneto Fronte Skinheads e Brescia ai Bresciani – accomunate dalla ferma volontà di tradurre in azione concreta la proposta programmatica sulla remigrazione e di porre un argine deciso e inequivocabile all’immigrazione incontrollata, fenomeno che minaccia la coesione sociale e la sopravvivenza stessa dei popoli europei».

La proposta programmatica si articola in dieci punti che includono: controllo dei flussi migratori, confisca contro lo sfruttamento dell’immigrazione, espulsione degli irregolari e di chi commette reati, istituto della remigrazione, patto di remigrazione volontaria, fondo nazionale per la remigrazione, stop alle ONG del traffico migratorio, abolizione del Decreto Flussi e ritorno degli italo-discendenti, fondo per la natalità italiana; case e asili nido con nuovi criteri di priorità.

L’iniziativa rientra nel percorso di promozione di una proposta di legge che sarà presentata ufficialmente il 15 novembre a Brescia. Il referente novarese Simone Gaiera ha dichiarato che non si tratta di un’iniziativa “contro” qualcuno, ma di un testo «studiato per essere offerto alla politica, con l’obiettivo di offrire un cambio di marcia rispetto alla situazione migratoria italiana ed europea». Gaiera ha inoltre rivendicato il carattere trasversale del comitato e il sostegno di altre associazioni e rappresentanti delle istituzioni.

La mattinata, tuttavia, è stata segnata da momenti di tensione. Chi scrive è stato, infatti, avvicinato e intimidito verbalmente da uno dei partecipanti, con indosso una collanina raffigurante la svastica, che lo ha seguito per impedirgli di scattare foto e riprendere la manifestazione. Poco dopo si è aggiunto lo stesso Gaiera, che ha rivolto critiche alla testata de La Voce e al lavoro della redazione, mentre altri presenti chiedevano l’allontanamento dalla piazza. La situazione ha richiesto l’intervento di Polizia e Carabinieri che hanno evitato ulteriori incidenti.

L’atteggiamento nei miei confronti ha assunto fin da subito i contorni di un tentativo di intimidazione, esplicito nel linguaggio e nei gesti. Non un diverbio momentaneo, ma un modo per ribadire che chi racconta certi fatti non è gradito, che la cronaca è tollerata solo finché resta compiacente. La Voce ha, infatti, già dedicato vari articoli al ritorno in città di sigle e simboli riconducibili all’estrema destra. Dalle manifestazioni dell’8 febbraio, in cui erano presenti CasaPound e Rete dei Patrioti con il patrocinio della Provincia, alle affissioni di manifesti di CasaPound negli spazi pubblici comunali, fino alla presenza in queste manifestazioni, compresa quella odierna, della referente novarese del comitato 10 Febbraio, Cristina Avvignano, già presente alla commemorazione per Vittorio Doré dove i manifestanti avevano fatto il saluto romano e il “presente” di fronte al cippo del cimitero di Trecate.

È un segnale che va oltre la cronaca di quanto accaduto in piazza questa mattina. Chi sceglie di portare le proprie idee nello spazio pubblico deve ricordare che la piazza è, per sua definizione, un luogo aperto e in quello stesso spazio i giornalisti non sono né ospiti né intrusi: sono parte del processo democratico, chiamati a svolgere un dovere preciso: raccontare i fatti, documentare ciò che accade, dare voce alle diverse posizioni. Cercare di ostacolare chi svolge questo lavoro non significa colpire una persona, ma mettere in discussione un principio costituzionale: la libertà di informazione sancita dall’articolo 21. Senza questo spazio di racconto, ogni dibattito pubblico rischia di ridursi a monologo.

La scena di questa mattina restituisce così il ritratto di un clima difficile, quasi sospeso tra diffidenza e ostilità, dove chi documenta appare come un corpo estraneo, un ospite sgradito. Ma proprio nei momenti in cui la piazza si chiude e l’aria si fa pesante, il compito del giornalismo diventa ancora più necessario: esserci, osservare, raccontare. È un dovere verso i lettori, ma anche una forma di resistenza civile, l’unico modo per continuare a difendere il diritto di tutti a conoscere ciò che accade.

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Immagine di Luca Galuppini

Luca Galuppini

24 anni, laureato con lode in Politics, Philosophy and Public Affairs presso l'Università degli Studi di Milano, lavora come addetto stampa.

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Il comitato Remigrazione e Riconquista ha manifestato questa mattina in piazza Gramsci e ha cercato di impedire al nostro giornalista di scattare foto e riprendere il sit in

È arrivato a Novara il raduno regionale del comitato Remigrazione e Riconquista, una realtà nata a livello nazionale e sostenuta da diverse sigle dell’area della destra estrema, tra cui CasaPound e Rete dei Patrioti. In piazza Gramsci questa mattina, 1 novembre, erano presenti un centinaio di uomini che hanno organizzato un presidio con bandiere tricolore e lo striscione della campagna. Il comitato, si legge sul suo sito ufficiale, è «un’iniziativa congiunta di quattro realtà fondatrici – CasaPound Italia, Rete dei Patrioti, Veneto Fronte Skinheads e Brescia ai Bresciani – accomunate dalla ferma volontà di tradurre in azione concreta la proposta programmatica sulla remigrazione e di porre un argine deciso e inequivocabile all’immigrazione incontrollata, fenomeno che minaccia la coesione sociale e la sopravvivenza stessa dei popoli europei».

La proposta programmatica si articola in dieci punti che includono: controllo dei flussi migratori, confisca contro lo sfruttamento dell’immigrazione, espulsione degli irregolari e di chi commette reati, istituto della remigrazione, patto di remigrazione volontaria, fondo nazionale per la remigrazione, stop alle ONG del traffico migratorio, abolizione del Decreto Flussi e ritorno degli italo-discendenti, fondo per la natalità italiana; case e asili nido con nuovi criteri di priorità.

L’iniziativa rientra nel percorso di promozione di una proposta di legge che sarà presentata ufficialmente il 15 novembre a Brescia. Il referente novarese Simone Gaiera ha dichiarato che non si tratta di un’iniziativa “contro” qualcuno, ma di un testo «studiato per essere offerto alla politica, con l’obiettivo di offrire un cambio di marcia rispetto alla situazione migratoria italiana ed europea». Gaiera ha inoltre rivendicato il carattere trasversale del comitato e il sostegno di altre associazioni e rappresentanti delle istituzioni.

La mattinata, tuttavia, è stata segnata da momenti di tensione. Chi scrive è stato, infatti, avvicinato e intimidito verbalmente da uno dei partecipanti, con indosso una collanina raffigurante la svastica, che lo ha seguito per impedirgli di scattare foto e riprendere la manifestazione. Poco dopo si è aggiunto lo stesso Gaiera, che ha rivolto critiche alla testata de La Voce e al lavoro della redazione, mentre altri presenti chiedevano l’allontanamento dalla piazza. La situazione ha richiesto l’intervento di Polizia e Carabinieri che hanno evitato ulteriori incidenti.

L’atteggiamento nei miei confronti ha assunto fin da subito i contorni di un tentativo di intimidazione, esplicito nel linguaggio e nei gesti. Non un diverbio momentaneo, ma un modo per ribadire che chi racconta certi fatti non è gradito, che la cronaca è tollerata solo finché resta compiacente. La Voce ha, infatti, già dedicato vari articoli al ritorno in città di sigle e simboli riconducibili all’estrema destra. Dalle manifestazioni dell’8 febbraio, in cui erano presenti CasaPound e Rete dei Patrioti con il patrocinio della Provincia, alle affissioni di manifesti di CasaPound negli spazi pubblici comunali, fino alla presenza in queste manifestazioni, compresa quella odierna, della referente novarese del comitato 10 Febbraio, Cristina Avvignano, già presente alla commemorazione per Vittorio Doré dove i manifestanti avevano fatto il saluto romano e il “presente” di fronte al cippo del cimitero di Trecate.

È un segnale che va oltre la cronaca di quanto accaduto in piazza questa mattina. Chi sceglie di portare le proprie idee nello spazio pubblico deve ricordare che la piazza è, per sua definizione, un luogo aperto e in quello stesso spazio i giornalisti non sono né ospiti né intrusi: sono parte del processo democratico, chiamati a svolgere un dovere preciso: raccontare i fatti, documentare ciò che accade, dare voce alle diverse posizioni. Cercare di ostacolare chi svolge questo lavoro non significa colpire una persona, ma mettere in discussione un principio costituzionale: la libertà di informazione sancita dall’articolo 21. Senza questo spazio di racconto, ogni dibattito pubblico rischia di ridursi a monologo.

La scena di questa mattina restituisce così il ritratto di un clima difficile, quasi sospeso tra diffidenza e ostilità, dove chi documenta appare come un corpo estraneo, un ospite sgradito. Ma proprio nei momenti in cui la piazza si chiude e l’aria si fa pesante, il compito del giornalismo diventa ancora più necessario: esserci, osservare, raccontare. È un dovere verso i lettori, ma anche una forma di resistenza civile, l’unico modo per continuare a difendere il diritto di tutti a conoscere ciò che accade.

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Luca Galuppini

24 anni, laureato con lode in Politics, Philosophy and Public Affairs presso l'Università degli Studi di Milano, lavora come addetto stampa.