Per indagare sul rapporto dei pre adolescenti con il social cinese Tik Tok, il centro studi di Fondazione Carolina ha da poco realizzato un sondaggio in collaborazione con Pepita Onlus, la cooperativa di educatori più attiva in Italia. L’indagine ha una copertura nazionale e ha coinvolto oltre 500 famiglie, con almeno un figlio sotto i 14 anni.
I primi risultati riportano che il 60% degli intervistati usa Tik Tok e di questi il 60% è femmina. L’86% lo usa per divertirsi nel tempo libero, circa un’ora e mezza, e si sente rilassata, felice. L’80% ne parla poco o per nulla con i genitori mentre il 56% non lo ha chiesto ai genitori quando lo ha aperto.
Il 17% dichiara di essere stato offeso; il 40% ha trovato contenuti violenti e ne è stato disgustato o sconvolto; il 50% ha trovato nudità, dichiarando che questo non gli ha fatto nessun effetto. Il 50% lo trova rischioso, principalmente per cyberbullismo, violazione della privacy e hackeraggio di identità.
«Ciò che preoccupa di più è però quello che il Garante, nella sua veste istituzionale, non può sottolineare – commenta Ivano Zoppi (nella foto con Paolo Picchio), segretario generale di Fondazione Carolina, impegnata da anni a tutela dei minori in rete -. Se age verification, privacy e gestione dei dati sono problematiche comuni a più piattaforme, quello che spaventa del social cinese è la cultura dell’ammiccamento e dell’intimità esibita. L’esposizione continua e vuota di una fisicità costantemente condivisa e banalizzata».
Un’intera generazione di pre adolescenti, anche di 10 anni, buttati nella mischia e continuamente sollecitati ad esibirsi, a provocare, ad emulare e a concedere, un post dopo l’altro, un pezzo di sé. «Dobbiamo fermare questa centrifuga di sentimenti – ammonisce Zoppi – cui sottoponiamo ogni ora i nostri figli, che non possiamo, non dobbiamo lasciare soli sul web. Comportarsi su internet come nella vita vera: sono certo nessuna ragazzina di 12 anni simulerebbe uno spogliarello in metropolitana, eppure in rete sembra ormi la prassi. I genitori devono ritrovare il coraggio di educare, accompagnando e sostenendo i figli anche nella loro esperienza digitale».
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