Processo Caso Coccia, assolte in Cassazione l’ex direttrice e l’ex contabile

Erano accusate di un peculato e di falso nella rendicontazione degli art bonus

Assolte. La Corte di Cassazione ha cancellato le condanne inflitte in primo grado a Novara e in Corte d’Appello a Torino all’ex direttrice del Teatro Coccia, Renata Rapetti (3 anni e 1 mese di reclusione) e all’ex factotum amministrativa, Silvana Sateriale, poi licenziata (2 anni di reclusione). 

Erano accusate di un peculato da 29 mila euro, relativo all’attività svolta dal teatro nel 2016, e, la prima, anche di falso nella rendicontazione degli Art Bonus. Secondo i giudici romani “il fatto non sussiste”. Si attende ora il deposito della motivazione per capire cosa ha portato ad annullare le pene, se una diversa considerazione dell’ente Fondazione, ritenuta di diritto pubblico nei precedenti gradi di giudizio, oppure del ruolo di incaricate di pubblico servizio che si attribuiva alle due imputate.

Al centro del processo una serie di vicende segnalate ormai otto anni fa dall’allora presidente della Fondazione teatro Coccia, Carmen Manfredda, in dodici esposti depositati alla procura della Repubblica, per un totale di oltre 80 persone da indagare. Al termine degli accertamenti condotti dalla Finanza – il fascicolo contiene una mole di atti, migliaia e migliaia di pagine – il pm aveva contestato all’ex direttrice Rapetti e alla contabile Sateriale il peculato per una somma complessiva di circa 29 mila euro, che sarebbe stata illecitamente sottratta al Coccia e dirottata per pagare alcune spese sostenute da società milanese incaricata di organizzare gli eventi estivi del teatro «Maggiore» nell’ambito di un protocollo d’intesa tra la Fondazione Coccia e il Comune di Verbania del 31 maggio 2016. Il reato di falso nella comunicazione degli «Art Bonus» sul portale del Mibact (ministero dei beni culturali) veniva addebitato alla sola Rapetti, relativamente all’attestazione di aver ricevuto una serie di liberalità da imprenditori locali, adempiendo così agli obblighi di legge, che in realtà erano corrispettivi di prestazioni, come l’affitto della sala di via Rosselli per eventi privati.

Le imputate hanno sempre respinto gli addebiti affermando di aver agito correttamente, per il bene del teatro, e senza alcun fine personale.

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Processo Caso Coccia, assolte in Cassazione l’ex direttrice e l’ex contabile

Erano accusate di un peculato e di falso nella rendicontazione degli art bonus

Assolte. La Corte di Cassazione ha cancellato le condanne inflitte in primo grado a Novara e in Corte d’Appello a Torino all’ex direttrice del Teatro Coccia, Renata Rapetti (3 anni e 1 mese di reclusione) e all’ex factotum amministrativa, Silvana Sateriale, poi licenziata (2 anni di reclusione). 

Erano accusate di un peculato da 29 mila euro, relativo all’attività svolta dal teatro nel 2016, e, la prima, anche di falso nella rendicontazione degli Art Bonus. Secondo i giudici romani “il fatto non sussiste”. Si attende ora il deposito della motivazione per capire cosa ha portato ad annullare le pene, se una diversa considerazione dell’ente Fondazione, ritenuta di diritto pubblico nei precedenti gradi di giudizio, oppure del ruolo di incaricate di pubblico servizio che si attribuiva alle due imputate.

Al centro del processo una serie di vicende segnalate ormai otto anni fa dall’allora presidente della Fondazione teatro Coccia, Carmen Manfredda, in dodici esposti depositati alla procura della Repubblica, per un totale di oltre 80 persone da indagare. Al termine degli accertamenti condotti dalla Finanza – il fascicolo contiene una mole di atti, migliaia e migliaia di pagine – il pm aveva contestato all’ex direttrice Rapetti e alla contabile Sateriale il peculato per una somma complessiva di circa 29 mila euro, che sarebbe stata illecitamente sottratta al Coccia e dirottata per pagare alcune spese sostenute da società milanese incaricata di organizzare gli eventi estivi del teatro «Maggiore» nell’ambito di un protocollo d’intesa tra la Fondazione Coccia e il Comune di Verbania del 31 maggio 2016. Il reato di falso nella comunicazione degli «Art Bonus» sul portale del Mibact (ministero dei beni culturali) veniva addebitato alla sola Rapetti, relativamente all’attestazione di aver ricevuto una serie di liberalità da imprenditori locali, adempiendo così agli obblighi di legge, che in realtà erano corrispettivi di prestazioni, come l’affitto della sala di via Rosselli per eventi privati.

Le imputate hanno sempre respinto gli addebiti affermando di aver agito correttamente, per il bene del teatro, e senza alcun fine personale.

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