«Mi ha ospitata alcuni mesi nel suo ufficio-abitazione e mi ha costretta ad avere rapporti sessuali più volte. Sono anche rimasta incinta». E’ la denuncia choc di una ragazza figlia di madre italiana e padre tunisino che, dopo aver trascorso anni dai parenti in Tunisia, a 22 anni è rientrata a Novara per studiare all’università e si è rivolta a un conoscente per alcune questioni relative alla sua posizione e ai suoi documenti. Lui le ha poi offerto lavoro come segretaria nella sua agenzia di pratiche per immigrati, nel rione di Sant’Agabio, e lei ha accettato andando anche a vivere nell’alloggio dell’uomo.
Da quella convivenza è nata una bimba data alla luce con parto in anonimato. Poi la decisione di lei di rivolgersi alle forze dell’ordine: per quella denuncia, presentata un anno e mezzo fa, ora il titolare di un Caf novarese è a processo con l’accusa di violenza sessuale.
La vittima è stata sentita in incidente probatorio durante le indagini e ha confermato i rapporti non voluti. In tribunale ha invece testimoniato la madre della ragazza, che ha ricevuto alcune confidenze: «Mia figlia non voleva andare a letto con lui. E quando ha scoperto di essere incinta non voleva nemmeno tenere la bambina, perché non sarebbe stata in grado di mantenerla».
Secondo quanto raccontato dalla giovane ai servizi sociali e alla psicologa che l’ha seguita nella fase delicata, avrebbe poi partorito perché era stato l’uomo a imporle di portare a termine la gravidanza. Il titolare del Caf nega gli addebiti e parla di una normale convivenza.