C’è una storia di gratitudine che diventa impegno, una ferita che si trasforma in cura per gli altri. È quella di Elisa Pozzi Sacco, mamma della piccola Arianna, nata prematura e ricoverata per diversi mesi nella Terapia intensiva neonatale dell’ospedale Maggiore di Novara, prima del trasferimento all’istituto Gaslini di Genova.
Oggi Elisa ha restituito parte di ciò che ha ricevuto, coinvolgendo familiari, amici di Bogogno e Nebbiuno e due realtà che da anni sostengono il territorio: la Fondazione Franca Capurro e Banco Bpm. Grazie alla raccolta fondi avviata nei mesi scorsi sono stati donati 20 mila euro per l’acquisto di un ventilatore polmonare portatile, uno strumento di importanza vitale.
«Per noi è uno strumento fondamentale – ha spiegato il primario Marco Binotti – perché consente di trasportare i neonati in sicurezza dalla sala parto oppure da un reparto all’altro. È un tassello essenziale per la nostra attività quotidiana».
Alla presentazione del macchinario erano presenti anche Filippo e Stefano Arrigoni, figli di Franca Capurro, che hanno ricordato il ventesimo anniversario della scomparsa della madre e i 19 anni di attività della Fondazione, impegnata nel sostegno alle realtà sanitarie, sociali e culturali del territorio.
Domenico De Angelis, direttore generale di Banco Bpm e membro del CdA della Fondazione Capurro, ha sottolineato «il valore di una famiglia che ha ricevuto molto dall’ospedale e che ora sceglie di restituire, contribuendo a una struttura che è un punto di riferimento per tutta la neonatologia del Piemonte orientale».
Un messaggio condiviso da Eliana Baici, presidente del Comitato territoriale di Banco Bpm: «Il territorio novarese ha la capacità di fare sistema, di muoversi insieme quando serve. E questa donazione ne è un esempio concreto, nato dalla collaborazione fra famiglie, fondazioni e imprese».
Guardando al futuro, il primario Binotti ha voluto lanciare un auspicio legato al progetto della Città della Salute:
«Quando si ricoverano i neonati, si ricoverano anche i genitori. Sono parte integrante del percorso di cura, ma qui non abbiamo spazi adeguati. Il nuovo ospedale dovrà prevedere luoghi di accoglienza pensati anche per loro, oltre al necessario rinnovamento tecnologico».
Un gesto nato da una storia personale diventa così un investimento collettivo: un macchinario in più e un motivo per credere in una sanità che non cura solo i piccoli pazienti, ma anche chi li accompagna ogni giorno.



