Oltre 4,7 milioni di metri quadrati già occupati dalla logistica, con una nuova variante da 41mila metri appena approvata in consiglio comunale. Sono questi alcuni dei numeri che emergono dall’analisi pubblicata da La Voce di Novara, che ha tracciato una vera e propria mappa dei capannoni sparsi sul territorio novarese: dal Cim di San Pietro Mosezzo alle nuove piattaforme lungo la tangenziale, passando per i poli già attivi tra Agognate e l’area sud della città.
Una crescita costante che, in poco più di un decennio, ha trasformato campi e aree verdi in distretti della logistica, segnando in profondità il paesaggio e il tessuto urbano. Il tutto in un contesto in cui si discute ancora di Piano regolatore comunale, consumo di suolo e impatto ambientale. Di fronte a questa espansione che sembra inarrestabile, si alza la voce dell’associazione ambientalista Novara Green, che chiede una riflessione profonda e un cambio di paradigma.
A intervenire è il presidente Fabrizio Cerri, che in questa intervista lancia un appello per una città più sostenibile e a misura d’uomo.
Presidente Cerri, cosa vi preoccupa maggiormente dell’attuale espansione logistica a Novara?
Il consumo di suolo è ormai fuori controllo. Continuare a destinare il territorio quasi esclusivamente alla logistica sta generando conseguenze gravissime per l’ambiente e per la qualità della vita. Il traffico aumenta, l’inquinamento cresce, perdiamo biodiversità e il paesaggio si trasforma in maniera irreversibile. A fronte di tutto questo, i benefici sono molto limitati: si parla di lavoro spesso precario e scarsamente qualificato.
Cosa proponete per invertire questa tendenza?
Due sono le priorità. La prima riguarda il nuovo Piano regolatore di Novara che deve essere radicalmente diverso da quello attuale. Basta con l’espansione senza limiti: è tempo di pensare a una città che rigenera ciò che già esiste. Abbiamo edifici abbandonati, aree dismesse, spazi da riqualificare. Dobbiamo usarli prima di consumare altro suolo vergine.
E la seconda priorità?
Serve un grande investimento sul verde urbano, da mettere al centro della pianificazione cittadina. Parchi, alberi, giardini, viali alberati: queste non sono decorazioni, ma strumenti fondamentali per proteggere i cittadini dai cambiamenti climatici. Le ondate di calore sono sempre più intense, e l’unico modo per contrastarne gli effetti è avere più natura in città.
È una questione ambientale o anche sociale, secondo voi?
Entrambe. Le città più verdi hanno una migliore qualità della vita, minori tassi di mortalità durante i picchi di calore, e anche dati più incoraggianti sulla sicurezza urbana. Gli alberi migliorano l’aria, assorbono calore, favoriscono il benessere psicologico. Eppure, a Novara, il verde resta ai margini della spesa pubblica: si investe solo se avanzano risorse. Non può più funzionare così.
Come dovrebbe essere, allora, la Novara del futuro?
Una città resiliente, sostenibile, che mette al centro le persone e non solo gli interessi economici. Una città che smette di consumare e inizia a prendersi cura. Il modello della logistica senza limiti appartiene al passato: dobbiamo avere il coraggio di immaginare un futuro diverso, verde, vivibile. È un atto di responsabilità verso le prossime generazioni.