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Emergenza, i giostrai: «Che ne sarà di noi?»

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«Che ne sarà di noi? Quando riprenderemo a lavorare?  Se decidessero di prorogare ulteriormente la chiusura, Lo Stato ci verrebbe incontro? E come?». Sono solo alcune delle tante domande che l’esercito delle partite Iva, circa 5mila famiglie, che lavorano nel settore degli spettacoli viaggianti, si pongono oggi, alla fine di aprile, a più di due mesi dalla cessazione, per emergenza Covid, della loro attività lavorativa. Domande che, almeno al momento, non sembrano trovare una risposta.

 

 

E così è stata creata una pagina facebook con lo scopo di raccogliere ed evidenziare le difficoltà di una categoria che sembra essere dimenticata.

«La pagina facebook – spiega Roberto Claudi – nasce dal fatto che molte categorie di lavoratori sanno quando riprenderanno il lavoro; tranne noi, quelli dello spettacolo viaggiante, a cui a tutt’oggi nulla è stato detto né sulla possibile ripresa né, soprattutto, sulle eventuali modifiche da apportare alle nostre attrezzature. Noi ci stiamo attrezzando per nostro conto con la posa di pannelli di plexiglas, oppure adottando accorgimenti per separare il pubblico. Ma sono solo nostre iniziative perché non ci sono direttive; ci guardiamo intorno e pensiamo a quali soluzioni potremmo adottare per garantire la sicurezza nel momento in cui la nostra attività dovesse riprendere».

«Da parte nostra – aggiunge – in collaborazione con le nostre associazioni di categoria, vogliamo divulgare il più possibile la nostra voce per dar corpo alle nostre necessità, ai nostri problemi, alle nostre perplessità, ai nostri dubbi. Ciascuno di noi gestori  invierà una lettera (saranno tutte uguali), al Ministro di competenza, utilizzeremo i social per richiamare l’attenzione perché vogliamo chiarimenti. E non escludiamo, nel caso in cui non venissimo ascoltati, di arrivare a coordinare una forma di protesta a Torino, Roma e Napoli, ovvero le tre città in cui risiede la maggior parte dei gestori di lunapark».

«Adesso – conclude – la situazione  sta diventando grave tanto che in molti hanno dovuto ricorrere ai buoni spesa e ad altri tipi di aiuti».

 

 

 

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