«Siamo molto preoccupati visti gli ultimi accadimenti ma dall’altra parte speriamo che la maratona accademica abbia avuto un impatto positivo su un possibile ulteriore posticipo».
E’ una speranza ancora accesa quella che riguarda la vita di Ahmadreza Djalali, il ricercatore iraniano-svedese, la cui esecuzione, annunciata diversi giorni fa, è riuscita a trovare rinvii. La preoccupazione di Luca Ragazzoni, coordinatore del Crimedim dove proprio Djalali ha lavorato, si riferisce a una esecuzione avvenuta proprio in Iran il 12 dicembre: quella del giornalista Ruhollah Zam. Ma la luce della speranza per Ahmad rimane accesa. L’uomo è detenuto nel braccio della morte del carcere di Evin, come comunicato allora dall’avvocato di Djalali alla moglie Vida Mehrannia.
Proprio una settimana fa, il 9 dicembre, una lunga maratona con la partecipazione di 164 scienziati di tutto il mondo, ha chiesto all’unisono la liberazione del ricercatore.
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