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Coda, i segni del cuore

Cosa hanno in comune il canto con la pesca? Poco, ma spesso proprio da questi contrasti tematici può nascere una storia che ha la sua ragion d’essere. Ed è così per “CODA, l segni del cuore” il bel film di Sian Herder. CODA, che è l’acronimo di “Children of Deaf Adults”, è il remake del film francese “La famiglia Belièr” (dove anziché di pescatori americani, si trattava di contadini della Normandia). Come se non bastasse, a complicare le cose, al titolo in lingua inglese, il distributore italiano, sempre più realista del re, ha pensato bene di aggiungerci un superfluo, banalissimo, svilente e sdolcinato sottotitolo, “I segni del cuore”.

La storia è ormai nota: Ruby (nome che agli italiani evoca ben altre trame) è una bambina figlia di pescatori non-udenti che aiuta la famiglia nel supporto ai rapporti con gli udenti (speriamo di essere stato abbastanza politically correct). Ma il destino le fa incontrare al college uno stravagante maestro del coro, Bernardo Villalobos, che vede in lei una promessa del canto. Naturalmente ciò crea non pochi problemi alla famiglia che, dopo ovvie e prevedibili traversie, decide di lasciarle prendere il volo verso l’Università e verso la legittima passione per la musica.

Una storia come tantissime altre e con il consueto lieto fine di prammatica in questi casi, ma comunque un film di una certa grazia e con, indubbiamente, un’ambientazione piuttosto originale, la cittadina di Gloucester nei pressi di Boston, con una bella colonna sonora, con al centro quella gemma di canzone che è “’Both Sides Now” di Joni Mitchel che i lettori più agé certamente ricorderanno. Insomma soggetto originale, bravi gli interpreti e la protagonista (Emilia Jones), bella l’ambientazione, forse però, un po’ troppo premiato.

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Mario Grella

Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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