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Il 2021 si prospetta un ottimo millesimo per l’Erbaluce di Caluso

La docg piemontese, che rappresenta unicamente lo 0,5% del vigneto regionale, dall'inizio del nuovo millennio ha incrementato la sua base produttiva del 77%. Rimane aperta la polemica con i produttori novaresi

La Denominazione di origine controllata e garantita Erbaluce di Caluso annuncia un millesimo 2021 di ottima qualità. Un risultato che premia una tipologia che rappresenta soltanto lo 0.5% del vigneto piemontese ma che con il nuovo millennio è passata da 128 a 227 ettari, incrementando la sua superficie vitata di oltre il 77%. Il “mondo” Erbaluce di Caluso, la cui produzione come da disciplinare è consentita unicamente con l’omonimo vitigno in purezza e allevato in un determinato territorio della Città metropolitana di Torino e nelle province di Biella e Vercelli, è oggi rappresentato da 288 viticoltori, 39 vinificatori e 35 imbottigliatori, con una potenzialità produttiva di poco superiore a 1,5 milioni di bottiglie, corrispondenti a un fatturato annuo di 10 milioni di euro.


L’andamento produttivo e commerciale della docg è stato presentato in settimana a Torino dal Consorzio Cascine Piemontesi presieduto da Enrico Allasia, insieme a Confagricoltura Torino, al Consorzio di Tutela dei vini Caluso, Carema e Canavese e all’Enoteca regionale dei vini della provincia di Torino guidata da Corrado Scapino. Da remoto è poi intervenuta la prima cittadina di Caluso, Maria Rosa Cena.


Parlando del 2021, si può affermare che si è trattata di un’ottima annata. Per Ercole Zuccaro, direttore di Confagricoltura Torino, «La maturazione delle uve si è rivelata medio tardiva, con un’epoca di raccolta che ha spaziato dalla metà alla fine di settembre. Le gradazioni zuccherine sono state superiori alla media degli ultimi cinque anni e il quadro acido si è mostrato eccellente. Secondo i tecnici – ha aggiunto – le uve offriranno vini con caratteristiche di grande freschezza, idonei anche per l’affinamento». Il direttore del Consorzio di Tutela dei vini Caluso, Carema e Canavese Gabriele Busso ha invece affermato che «dal punto di vista commerciale l’andamento è positivo e il 2022 si prospetta interessante. L’ampliamento delle carte dei vini da parte della ristorazione favorisce l’offerta di produzioni del territorio, in particolare di vitigni autoctoni».


L’Erbaluce cresce come diffusione non solo in Piemonte, ma anche nelle vicine Liguria e Lombardia e più in generale nel mercato interno, mentre un certo interesse si comincia a registrare anche dall’estero, prima fra tutti gli Stati Uniti e il Nord Europa. Sempre più consumatori lo apprezzano, nelle sue tre tipologie, fermo, spumante e passito».


Alla denominazione Erbaluce è legata ormai da anni una polemica con i produttori vitivinicoli dell’Alto Piemonte. Come gli addetti ai lavori sanno, il decreto del 2009 firmato dall’allora ministro Luca Zaia riconosce un diritto esclusivo ai produttori del Canavese, escludendo di fatto tutti gli altri, a cominciare dai novaresi. «Una vera contraddizione – continua a dichiarare l’ex presidente del Consorzio Nebbioli Alto Piemonte Eugenio Arlunno, che da tempo si sta battendo affinché anche ai produttori del nostro territorio venga riconosciuto il diritto di utilizzare la denominazione – Il nostro bianco è sempre stato prodotto con uve Erbaluce. Dove sta la differenza?». Divieto che per ora rimane, tanto che i produttori novaresi, con molta fantasia, continuano a battezzare le loro etichette da “Innominabile” a “Impronunciabile” sino a “Erbavoglio”. Appuntamento al prossimo giro…

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Luca Mattioli

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