Categorie: Andate all'Inferno

Il veltro è morto e sepolto (a Pisa)

Condividi

Il valore morale e alcuni elementi narrativi che caratterizzano l’intero poema sono già presenti in tutta la loro importanza nell’incipit dell’Inferno, attraverso l’allegoria profetica del Veltro che chiude il canto per bocca di Virgilio.

I versi ci restituiscono la poetica e drammatica testimonianza di un individuo smarrito nel disordine morale, lo sgomento di una umanità che si ritrova disperata, senza valori e senza luce, perduta dietro a false immagini di bene.

Nella selva oscura di una crisi politica, morale e religiosa Dante non riesce a superare l’ostacolo della corruzione: la lussuria della lonza, la superbia di un leone e la cupidigia di una lupa, “la bestia sanza pace […], che mai non empie la bramosa voglia”.

L’ardua impresa non sarà indolore, Virgilio e Beatrice soccorrono il poeta nel suo percorso individuale, ma per ricacciare la lupa “ne lo inferno, là onde ’nvidia prima dipartilla” serve altro. Serve un Veltro, un velocissimo e agilissimo cane da caccia “che la farà morir con doglia”.

In chi sperava Dante? Forse nel suo mecenate Cangrande della Scala, autorevole rappresentante dei ghibellini, in un pontefice, in Cristo, o (nella sua modestia) nel messaggio di rigenerazione del suo stesso poema.

L’annuncio dell’attesa di un riformatore, fortemente sospirato da Dante e dai suoi contemporanei, fa pensare ad un imperatore capace di ristabilire un ordine e diventare una guida che superi e contenga le discordie civili.

Dante stesso era consapevole della crisi irreversibile dell’Impero all’inizio del Trecento e dell’anacronismo del suo sogno nell’Italia del particolarismo comunale; eppure saluta con grande entusiasmo e rinnovata speranza la discesa in Italia di Enrico VII di Lussemburgo per essere incoronato prima Re dei Romani a Milano con la corona ferrea il 6 gennaio 1311, poi Imperatore in Laterano nel 1312.

Dante smette di sognare e si muove attivamente: pubblica già nel 1310 un’epistola per esortare re, senatori, duchi e marchesi a sottomettersi alla giustizia dell’Imperatore, e nel 1311 esorta gli “scellerati fiorentini”, unici a non omaggiare Enrico, ad arrendersi all’unico potere pubblico garanzia di convivenza civile.

Scrisse anche ad Enrico dal Casentino; e probabilmente fu con altri esuli al suo seguito e collaborò con la cancelleria imperiale quando il sovrano giunse a Pisa nel 1312. Venuto in Italia per portare la pace, l’Imperatore si ritrova a fare guerra con tutti, ma Dante era fiducioso che fosse il dono di Dio, forse il Veltro tanto atteso. Ma il Veltro era malato, morì a Siena nel 1313 e riposa nel Duomo di Pisa.

Anche per noi il Veltro è morto e sepolto, e la lupa famelica “di tutte brame carca ne la sua magrezza” si aggira in un secolo piagato dal materialismo e dalla corruzione.

E non è più tempo di attese messianiche.

[Immagine: Corona ferrea, Duomo di Monza]

© 2020-2024 La Voce di Novara
Riproduzione Riservata
Lascia un commento

Articoli recenti

Serie D, l’RG Ticino va ai play off col Chisola

L’RG Ticino conquista per la prima volta nella sua storia l’accesso ai play-off di Serie… Leggi di più

5 Maggio 2024

Aspettando il Giro. Vetrine, decorazioni, iniziative e strade chiuse

Domani, lunedì 6 maggio, la terza tappa parte da piazza Martiri Leggi di più

5 Maggio 2024

Hockey pista: per la TR Azzurra il traguardo è sempre più vicino

I ragazzi di Campanati superano 5-2 anche l'ostacolo Bassano e mantengono i quattro punti di… Leggi di più

5 Maggio 2024

Aqua Mater

Per la sua mostra ha scelto un titolo in latino il grande fotografo brasiliano Sebastião… Leggi di più

5 Maggio 2024

Chiara Camoni con “Chiamare a raduno” e molto altro

Appena messo piede nello "Shed" del Pirelli Hangar Bicocca, si ha la sensazione di entrare… Leggi di più

5 Maggio 2024

Il convitato di pietra

Il convitato di pietra dell’ultimo Vinitaly è stato il cambiamento climatico. Se ne parlava ovunque… Leggi di più

5 Maggio 2024