La cucina piemontese non esiste

Affermare che la cucina piemontese non esiste può sembrare, a prima vista, una provocazione. Eppure è così. L’entità amministrativa unitaria Piemonte è infatti un prodotto relativamente recente, frutto dei processi politici di fine Ottocento. Le sue cucine, al contrario, hanno radici molto più profonde e si sono sviluppate ben prima dell’idea moderna di Regione. Sono nate in valli separate da catene montuose, in colline vocate alla vite, in pianure irrigate dai fiumi, in città industriali e in borghi agricoli: mondi distinti per geografia, economia, lingua e cultura.

Per questo, più che una cucina piemontese, esistono molte cucine del Piemonte. Ognuna racconta una parte del territorio, ne esprime le condizioni ambientali, le influenze storiche e i rapporti con i popoli vicini.

L’arco alpino: la cucina di montagna e delle transumanze

Le valli del Nord Piemonte e del Cuneese conservano tradizioni gastronomiche autonome, spesso più affini ai territori transfrontalieri che alla pianura. In Ossola, Valsesia, nelle Valli di Lanzo e nelle vallate occitane, la cucina è plasmata dall’altitudine e dalla vita d’alpeggio. Domina la trasformazione del latte, con formaggi come Bettelmattome d’alpeggio e burri di qualità. Piatti come la polenta concia, arricchita di formaggio e burro fuso, le miacce valsesiane, la mocetta essiccata e le zuppe di castagne o di cipolle rappresentano una cucina nata per affrontare i rigori dell’inverno. Le tradizioni walser, francofone e francoprovenzali testimoniano una pluralità linguistica che si riflette anche a tavola

Torino e il contado: eredità sabauda e modernità industriale

Scendendo dalle montagne, si incontra un’altra identità gastronomica: quella di Torino, città di corte ma anche crocevia culturale e popolare. L’influenza francese si ritrova nella struttura dei piatti e nella cura delle salse. Appartengono a questo ambito ricette note come il vitello tonnato, la tradizione dei grissini e l’eccellenza della cioccolateria torinese, da cui hanno origine i gianduiotti. Nel Novecento, con l’industrializzazione, Torino diventa polo di attrazione per lavoratori provenienti da tutta Italia. La cucina urbana si arricchisce così di nuovi sapori e consuetudini familiari, che entrano stabilmente nella vita quotidiana.

Le colline delle Langhe e del Monferrato

Le colline vitate delle Langhe e del Monferrato rappresentano una delle espressioni più note della cucina piemontese. Qui, nelle cascine e nelle osterie, si sono sviluppate ricette oggi considerate emblematiche: i tajarin ricchi di tuorli,la finanziera, il fritto misto, gli agnolotti del plin, il brasato al Barolo, i bolliti misti, la bagna cauda e i piatti legati al tartufo bianco. La cucina collinare unisce sobrietà contadina e complessità aromatica, riflettendo un territorio che ha saputo trasformare la propria tradizione in un patrimonio riconosciuto a livello internazionale.

Le risaie del Novarese e del Vercellese

Nella parte orientale della regione, il paesaggio cambia radicalmente. Le risaie disegnano un territorio che dialoga da secoli con la Lombardia. Qui il riso è il protagonista indiscusso, con preparazioni come la panissa, la paniscia, i risotti e i piatti legati ai prodotti della pianura. Carni bollite, legumi e salumi conservati nel grasso – come il salam d’la duja – testimoniano un’economia agricola attenta. Preparazioni come il tapulone novarese è eco di una koiné gastronomica più ampia, transregionale fatta di bruscitt e mondeghili. 

I laghi alpini: un Piemonte dal microclima particolare

Attorno ai laghi Maggiore, Orta e Mergozzo si sviluppa una cucina che valorizza il pesce d’acqua dolce – persico, lavarello, trota, oggi anche siluro – e le erbe spontanee delle rive. Il clima mite, simile per certi aspetti a quello prealpino lombardo e ticinese, favorisce coltivazioni delicate e un approccio culinario più leggero, mutuato soprattutto da un turismo storico internazionale che ha plasmato l’offerta ristorativa.

Le migrazioni interne: un nuovo volto per la tavola urbana

Tra gli anni Cinquanta e Ottanta del Novecento, l’arrivo in Piemonte di migliaia di famiglie provenienti dal Sud Italia modifica profondamente l’identità alimentare delle città. Torino, in particolare, diventa un luogo di incontro tra tradizioni. Accanto alle ricette locali si diffondono abitudini mediterranee: nuove preparazioni entrano nelle case e nelle trattorie, contribuendo a una trasformazione lenta ma duratura della cucina quotidiana.

Le migrazioni internazionali e la ristorazione contemporanea

Dagli anni Novanta, un’ulteriore trasformazione arricchisce il profilo gastronomico piemontese. La diffusione di ristoranti cinesi, giapponesi, indiani, filippini, peruviani e mediorientali rende Torino una delle città italiane più dinamiche nell’ambito delle cucine internazionali. La disponibilità di ingredienti provenienti da tutto il mondo e l’apertura di molti chef locali a contaminazioni e tecniche globali contribuiscono a un panorama culinario ampio e in continuo movimento. La tradizione non viene abbandonata: si evolve.

L’industria alimentare e l’innovazione: un Piemonte che parla al mondo

Accanto alle cucine storiche, il Piemonte vanta un patrimonio industriale che ha influenzato le abitudini alimentari ben oltre i confini regionali. La Ferrero ha diffuso a livello globale prodotti come Nutella, Rocher e Kinder; il settore vitivinicolo ha portato nel mondo nomi come BaroloBarbarescoMoscato d’Asti; la birra artigianale piemontese è stata tra le prime in Italia a interpretare stili innovativi; il Gorgonzola, formaggio transfrontaliero, rappresenta l’identità padana condivisa; il movimento Slow Food, nato a Bra, ha promosso una nuova sensibilità verso biodiversità e culture locali.

Una regione, molte cucine

Il Piemonte non può essere raccontato attraverso un’unica tradizione gastronomica. È un territorio di confine, di incontro e di trasformazioni, dove ogni area ha sviluppato una propria identità culinaria, frutto di storia, clima e relazioni culturali. Ciò che unisce queste cucine è l’attenzione alla qualità della materia prima, il rispetto dei tempi della natura, la cura artigianale e la capacità di innovare senza perdere il legame con la memoria. La forza del Piemonte sta dunque nella sua pluralità gastronomica, che non è frammentazione, ma ricchezza: un patrimonio vivo, complesso e in continua evoluzione.

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Immagine di Riccardo Milan

Riccardo Milan

Riccardo Milan è professore, giornalista e blogger. Lavora alla scuola alberghiera di Stresa ed è pubblicista dal 1999. Da meno, è blogger con Allappante.it. Si è occupato per anni di cultura materiale, studente, scrittore e docente: vino, birra, gastronomia, cucina per lo più tipica, storia delle tradizioni. Sommelier ed idrosommelier per diletto. Vive sul Lago d’Orta.