È stato un pomeriggio d’estate particolare in piazza delle Erbe: più di cento persone si sono ritrovate oggi, 14 agosto, portando pentole, coperchi e fischietti, trasformando il centro cittadino in un luogo sonoro di protesta. Dopo il sit-in dei giornalisti novaresi che si è tenuto il 16 giugno scorso, il coordinamento “Novara per la Palestina”, nato solo pochi giorni fa, ha progettato un altro sit-in rumoroso per «rompere il silenzio» sulle devastazioni nella Striscia di Gaza.
La manifestazione si è aperta con un minuto di silenzio, dedicato alle vittime dell’ultima tragica strage nel Mediterraneo, con un richiamo diretto ai governi d’Europa. La piazza, di lì a poco, ha ascoltato numeri scioccanti: 85 mila tonnellate di bombe sganciate nel solo agosto 2025, la morte di 270 giornalisti, 235 vittime di fame dall’inizio di maggio – tra loro 106 bambini – e oltre 1.400 civili uccisi nei luoghi dove dovevano arrivare i beni di prima necessità.
I portavoce del coordinamento hanno condannato Hamas «senza indulgenze e senza incertezze», rivendicano però che questa stessa condanna non venga strumentalizzata per giustificare «22 mesi di genocidio portati avanti dal governo di Israele». Dalla piazza si sono levate anche dure critiche al governo italiano e alla premier Giorgia Meloni, accusata di indifferenza e di complicità con quanto sta accadendo in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza: «Ci si indigna per proiettili sparati in aria, ma non per quelli sparati sulle teste dei bambini».
L’attualità, insomma, ha fatto il paio con la responsabilità: dalla voce dei cittadini agli operatori dell’informazione, tutti hanno chiesto azioni reali—dal blocco dei bombardamenti all’ingresso di aiuti umanitari, dalla fine dell’occupazione militare all’effettiva applicazione del diritto internazionale. In piazza, tra i volti dei partecipanti e l’eco dei fischietti, è risuonato forte un grido: quanto sta accadendo a Gaza non è una guerra, è un massacro, e non può esserci pace dove manca la verità.