Un tempo era la bella stagione, la massima espressione di vitalità degli elementi naturali, il tempo della pausa rigenerante dopo le fatiche del lavoro. Ora, tra ondate di caldo feroce e sempre più brevi intervalli di moderata intensità, incendi ed eventi estremi, l’estate ci assedia con la potenza distruttiva del calore che la contraddistingue e che inesorabilmente agisce sulle cose e le consuma.

Per Ungaretti il ‘sentimento del tempo’ si identifica appieno con questa stagione, rappresentata al culmine della sua maturità quando, torrida e asfissiante, trasforma il paesaggio fino al disfacimento. Una violenta esplosione di caldo e di luce sfalda le pareti dei fossi, muta il colore delle foglie, inaridisce i fiumi, corrode gli scogli.


“Di luglio”
Quando su ci si butta lei,
si fa d’un triste colore di rosa
il bel fogliame.
Strugge forre, beve fiumi,
macina scogli, splende,
è furia che s’ostina, è l’implacabile,
sparge spazio, acceca mete,
è l’estate e nei secoli
con i suoi occhi calcinanti
va della terra spogliando lo scheletro.

G. Ungaretti, ‘Sentimento del tempo’, 1933.

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Il volto caldo dell’estate

Un tempo era la bella stagione, la massima espressione di vitalità degli elementi naturali, il tempo della pausa rigenerante dopo le fatiche del lavoro. Ora, tra ondate di caldo feroce e sempre più brevi intervalli di moderata intensità, incendi ed eventi estremi, l’estate ci assedia con la potenza distruttiva del calore che la contraddistingue e che inesorabilmente agisce sulle cose e le consuma.

Per Ungaretti il ‘sentimento del tempo’ si identifica appieno con questa stagione, rappresentata al culmine della sua maturità quando, torrida e asfissiante, trasforma il paesaggio fino al disfacimento. Una violenta esplosione di caldo e di luce sfalda le pareti dei fossi, muta il colore delle foglie, inaridisce i fiumi, corrode gli scogli.


“Di luglio”
Quando su ci si butta lei,
si fa d’un triste colore di rosa
il bel fogliame.
Strugge forre, beve fiumi,
macina scogli, splende,
è furia che s’ostina, è l’implacabile,
sparge spazio, acceca mete,
è l’estate e nei secoli
con i suoi occhi calcinanti
va della terra spogliando lo scheletro.

G. Ungaretti, ‘Sentimento del tempo’, 1933.

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