A seguito della richiesta del Comune di 436 mila euro per il pagamento dell’Imu su alcuni immobili parrocchiali, i consulenti della parrocchia di Trecate sono intervenuti ieri, 14 maggio, nella commissione consiliare convocata su richiesta delle minoranze, per illustrare le proprie ragioni. Il consulente Sandro La Ciaciera ha sottolineato alcune criticità nella procedura di accertamento e ha sollecitato un confronto costruttivo con l’amministrazione comunale.
Nel suo intervento il consulente ha anzitutto sgombrato il campo da eventuali dubbi: la parrocchia ha versato correttamente l’Imu per le strutture assoggettate al pagamento dell’imposta. Quello che il comune di Trecate contesta è il pagamento dovuto su alcuni immobili che, sulla base della storicità e delle interlocuzioni avvenute con l’ente, la parrocchia ha ritenuto non essere soggetti ad imposta. In particolare sono cinque le unità attenzione dalla relazione: le aule del catechismo, la palestrina, la tensostruttura per le attività sportive, il campo da calcetto e l’auditorium.
«La parrocchia ha sempre pagato, anche quando nel 2017 ha ricevuto avviso di accertamento per 1400 euro frutto di attività istruttoria del comune, e negli altri anni non c’è stata alcuna richiesta di pagamento aggiuntivo, ma soprattutto c’è sempre stato un rapporto schietto con l’amministrazione dove la parrocchia esponeva la realtà fattuale su ogni singolo immobile» ha dichiarato La Ciaciera che ha presentato quattordici pagine di memorie dove vengono elencate e riportate integralmente le circolari ministeriali e la legge regionale del Piemonte che incentiva e riconosce come pertinenza di luogo di culto queste strutture.
La contestazione del comune si basa, infatti, sulla mancata presentazione di una dichiarazione di esenzione dall’Imu da parte della parrocchia che, tuttavia, secondo il consulente non può essere sanzionata per la mancata presentazione di un documento. Da un lato perché la dichiarazione sembrerebbe servire solo nei casi di attività non commerciali, mentre i locali in questione sono assimilabili a pertinenze del luogo di culto e quindi fanno riferimento a un altro comma della normativa sull’Imu, e dall’altro lato «il Comune non può chiedere una dichiarazione per luoghi dove con atti pubblici e protocollati e, in alcuni casi, anche con il riconoscimento di contributi, ha verificato che non vengono svolte attività commerciali».
In altre parole, alla parrocchia verrebbe contestato l’omesso pagamento dell’Imu su locali che, anche in assenza di dichiarazione, sarebbero comunque per legge esentati dal pagamento dell’imposta e dove, in ogni caso, il Comune già sapeva – avendo anche sostenuto con contributi economici – che non si svolgono attività commerciali. Quello che hanno lamentato gli auditi in rappresentanza della parrocchia è «l’interruzione del dialogo che in tanti anni e per i documenti in nostro possesso, c’è sempre stato. Se fino al 2017 la parrocchia ha pagato tutto senza contestazioni non si capisce perché per gli anni 2018-2023 si chieda una cifra di questa entità. Nessuno ci ha detto niente e ora ci troviamo a pagare per sei anni una cosa che in un anno poteva essere risolta: se nel 2019 avessimo discusso, non saremmo mai arrivati a sei anni di multe».
Un punto di frizione particolare è emerso sull’entità della sanzione imposta dal Comune che, secondo il regolamento di riferimento, ha applicato una maggiorazione del 200% con quella che è stata definita «una sanzione non proporzionale se si tiene conto della personalità del trasgressore. Non si dovrebbe arrivare a disquisire di questi vizi, soprattutto con un contribuente che ha sempre avuto dialogo». Il problema si porrà anche per l’anno 2024: se la parrocchia presentasse la dichiarazione del diritto all’esenzione cosa succederebbe? Verrebbe accolta dimostrando che quei locali sono effettivamente pertinenze del luogo di culto? Se così fosse, si creerebbe un cortocircuito per il quale il Comune potrebbe non avere diritto a contestare i 436mila euro.
Ai consulenti della parrocchia ha risposto la responsabile del settore Tributi Federica Manca che ha sottolineato come «il procedimento, nato a luglio del 2024 con una lettera inviata a tutti gli enti non commerciali del territorio, è ancora in essere e non è un atto concluso» e ha aggiunto come il Comune si basi «sugli elementi in nostro possesso che ci hanno fatto emettere un avviso in base al quale abbiamo potuto convocare un contraddittorio preventivo e instaurare un dialogo con il contribuente». Secondo gli uffici, quindi, il procedimento doveva essere avviato, e potrebbe essere rivisto in base alle osservazioni della parrocchia che sono in fase di valutazione. «Ci sono delle cose su cui riteniamo che siano state omesse le dichiarazioni, ma non vogliamo imporci sulla parrocchia. Noi dobbiamo presentare il massimo della sanzione, poi ci sono delle modalità di revisione e altri metodi che permettono di abbattere le sanzioni» ha aggiunto Manca.
Alla risposta tecnica ha fatto seguito l’intervento politico del sindaco Federico Binatti: «La commissione consiliare ha natura consultiva e istruttoria, e non è la sede appropriata per discussioni che hanno natura tecnica. Inoltre, non corrisponde a verità dire che non ci sia stato dialogo: il confronto continuerà, così come avviene con ogni altro contribuente». Il primo cittadino ha ribadito piena fiducia nel lavoro degli uffici e nel corretto operato dell’amministrazione.
E proprio su questo punto si è accesa la polemica politica: la consigliera di minoranza Emanuela Cazzadore ha rivendicato la legittimità della commissione «come luogo di confronto democratico e trasparente per approfondire una vicenda che merita tutta la nostra attenzione», respingendo al mittente l’accusa di voler strumentalizzare la vicenda. In realtà, ha sottolineato il collega Marco Uboldi: «Se siamo qui oggi significa che il dialogo non c’è stato. Si discute prima di scrivere un numero su un foglio e questa operazione non doveva andare in scena: chi vive in questa città non può non sapere cosa succedeva in quei luoghi» e ha sottolineato come «l’azienda che fa i rilievi viene pagata in percentuale a quanto viene riscosso». Il consigliere Raffaele Sacco ha invece aggiunto che «le commissioni servono proprio per alimentare il dialogo e il confronto» sottolineando come «questa commissione poteva avvalersi del supporto informatico dei microfoni e della registrazione in maniera tale da agevolare le operazioni di verbalizzazione a tutela di tutti i presenti che sono intervenuti».