La caduta della giunta trecatese ha segnato, di fatto, la fine di un ciclo politico durato quasi un decennio. Per l’ormai ex sindaco, Federico Binatti, si tratta di una sconfitta totale: nel giro di pochi giorni ha perso non solo la guida della città che amministrava da nove anni, ma anche la presidenza della Provincia. Un doppia scossa che ha colpito al cuore un’intera traiettoria personale e politica.
Negli anni Binatti aveva, infatti, costruito la propria figura pubblica intorno a quei ruoli, identificandosi completamente con essi. Al punto che, nei documenti ufficiali, alla voce “professione” compariva una sola parola: “sindaco”. A 42 anni, quella era la sua vita. E quando tutto è crollato, a venire meno non è stato solo un incarico, ma un’intera architettura di senso e appartenenza.
Le scelte compiute nel corso degli anni, soprattutto nell’ultimo periodo – dalle nomine tolte e consegnate, agli equilibri di giunta, fino alla gestione di incarichi istituzionali e fondazioni – si sono rivelate controproducenti. Decisioni calate dall’alto, a volte condizionate da dinamiche spesso incomprensibili più che da valutazioni politiche. Il risultato è stato un progressivo isolamento, anche dentro il suo stesso partito, culminato con la mancata candidatura in Regione, dove fino all’ultimo era stato dato tra i papabili.
L’impressione è che, dopo aver accentrato tutto su di sé, Binatti non sia riuscito più a condividere né a delegare. E questo, nella politica di oggi, è un limite che può diventare fatale. Ora si apre per lui una fase nuova e incerta. Ma una cosa è sicura: per ricostruire, dovrà ripartire da zero. E, forse, anche da se stesso.