Presidio contro gli F-35: il Coordinamento per la Palestina accusa Leonardo. Ma cosa è vero (e cosa no) nelle loro denunce

Appuntamento in piazza Alighieri a Cameri e poi corteo fino allo stabilimento Faco

Sabato 15 novembre a Cameri, davanti ai cancelli dello stabilimento FACO, si terrà un presidio promosso dal Coordinamento Novara per la Palestina, insieme a gruppi antimilitaristi e attivisti solidali con il popolo palestinese, sudanese e con «tutti i popoli oppressi». L’appuntamento è alle 13 in piazza Alighieri, seguito da un corteo che arriverà ai cancelli dello stabilimento dove ha sede la linea di assemblaggio degli F-35, gestita da Leonardo spa per conto di Lockheed Martin e del Ministero della Difesa, intorno alle 15.

Le accuse del coordinamento

Nel comunicato diffuso alla vigilia della manifestazione, gli organizzatori denunciano il «ruolo dello stabilimento nella produzione di strumenti di morte utilizzati nei conflitti che insanguinano il pianeta, tra cui Gaza». Il testo richiama inoltre una serie di accuse rivolte a Leonardo, azienda controllata per circa il 30% dallo Stato italiano, che – si legge nel documento – sarebbe coinvolta «nelle forniture di componenti per i bombardamenti su Gaza; in esportazioni triangolate che aggirano la legge 185/1990 sul controllo delle armi; nella vendita a Israele, nel 2012, di 30 aerei M-346 utilizzati per addestrare i piloti “a colpire obiettivi nei territori occupati»».

Il coordinamento chiede inoltre «la riconversione civile delle fabbriche belliche, il boicottaggio delle aziende coinvolte in genocidi ed ecocidi e la costruzione di un modello di difesa non armata».

Cosa si produce a Cameri

Lo stabilimento FACO di Cameri, nato da un accordo tra Italia, Stati Uniti e Olanda, è oggi uno dei principali poli europei del programma F-35: qui si assemblano gli aerei italiani e olandesi, si costruiscono cassoni alari destinati alla catena internazionale del velivolo e si eseguono interventi di manutenzione per tutta la flotta europea. Su questo aspetto, come si legge nelle pagine istituzionali dell’azienda, Leonardo dispone di un «Trade Compliance Programme per garantire la piena conformità con le leggi e regolamenti nazionali, europei e internazionali».

Interpellata da La Voce in merito alle contestazioni e al presidio di sabato, Leonardo ha fatto sapere di non voler rilasciare dichiarazioni.

Le verifiche sui punti contestati

1. Leonardo e le forniture a Israele
Negli ultimi mesi alcune inchieste giornalistiche, tra cui una de Il Fatto Quotidiano, hanno ipotizzato la fornitura di componenti elettronici (Head-Up Display per caccia F-15) a Israele nel 2024-2025, ma l’azienda ha smentito ogni vendita di armamenti «dallo scoppio del conflitto a Gaza». Leonardo partecipa al programma F-35 con la produzione di ali e parti di fusoliera, ma non esistono prove pubbliche che i caccia israeliani impiegati nei raid siano equipaggiati con componenti provenienti da Cameri. Il nesso diretto è quindi plausibile ma non dimostrato.

2. Le “esportazioni triangolate”
La legge 185/1990 vieta esportazioni di armi verso Paesi in conflitto o che violano i diritti umani, ma consente forniture tramite Paesi terzi partner della NATO o dell’UE. Negli ultimi anni alcune inchieste (tra cui Altreconomia) hanno segnalato casi di triangolazioni italiane verso Israele attraverso altri Stati, riguardanti però imprese diverse da Leonardo. Non risultano indagini giudiziarie note a carico del gruppo per violazioni della 185/1990.

3. I 30 M-346 venduti a Israele nel 2012
Questo punto è vero nella sostanza. L’ex Alenia Aermacchi (oggi parte di Leonardo) ha siglato nel 2012 un contratto per 30 aerei da addestramento M-346 “Lavi” destinati all’aeronautica israeliana, consegnati tra il 2014 e il 2016. Gli aerei vengono usati per la formazione avanzata dei piloti da caccia.

Spese militari e F-35 italiani

Il comunicato del Coordinamento cita anche la decisione del governo di acquistare altri 25 F-35 «portando il totale a 90». In realtà, i 90 velivoli erano già previsti dal piano originario italiano; i 25 annunciati nel 2024 rappresentano un’estensione che porterebbe il numero complessivo potenziale a 115 unità.

Sulla spesa per la Difesa, le stime indipendenti di Mil€x e Openpolis indicano per il 2026 un budget di circa 34 miliardi di euro, in aumento rispetto ai 33,2 del 2025. Non esiste invece un piano ufficiale che preveda un «obiettivo da 100 miliardi» annui: si tratta di una proiezione simbolica diffusa da alcuni gruppi pacifisti per sommare – su più anni e ministeri – le voci legate alla difesa.

Un dibattito che divide

Il presidio di sabato rientra in una mobilitazione nazionale che collega il tema palestinese alla produzione militare italiana. Da parte sua, Leonardo rivendica il rispetto delle regole nazionali ed europee e il valore tecnologico e occupazionale del sito di Cameri, dove lavorano oltre 1.500 addetti tra personale diretto e indotto.

Tra i cartelli attesi al corteo – gli organizzatori chiedono di evitare fumogeni, petardi e bandiere di partito – ci sarà anche la richiesta di «riconversione civile delle fabbriche», un tema che da anni attraversa il dibattito italiano sulla difesa sostenibile: tra industria, lavoro e coscienza civile.

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Immagine di Cecilia Colli

Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore