La struttura complessa a direzione universitaria di Oftalmologia dell’ospedale Maggiore, guidata dal professor Stefano De Cillà, si conferma uno dei centri di riferimento più avanzati in Italia per la diagnosi, la gestione e la ricerca clinica sulle maculopatie, sia nella forma umida sia in quella secca.
Un risultato reso possibile dal lavoro dell’équipe del servizio di Retina Medica, coordinata dalle dottoresse Caterina Toma, Raffaella Torchio e Valentina Gatti, dove assistenza clinica, tecnologie d’avanguardia e attività scientifica procedono in modo integrato.
Da alcuni anni la struttura è parte dell’European Vision Institute Clinical Research Network, rete europea che riunisce i centri oftalmologici specializzati nella ricerca clinica indipendente. L’adesione a questa piattaforma garantisce standard uniformi e certificati nella conduzione degli studi internazionali, favorendo collaborazioni tra istituzioni e ampliando l’accesso dei pazienti a terapie innovative.
Per la realtà novarese si tratta di un riconoscimento del livello qualitativo raggiunto e di un’opportunità per partecipare ai protocolli più avanzati sulle principali patologie retiniche legate all’età. «Attualmente sono stati approvati e stanno per partire tre studi clinici internazionali: due dedicati alla maculopatia umida e uno alla forma atrofica, per la quale oggi non esistono trattamenti risolutivi» ha spiegato il professor De Cillà.
Il primo studio riguarda l’utilizzo del Port Delivery System, un dispositivo impiantato chirurgicamente che rilascia in modo continuo un farmaco già utilizzato nelle terapie correnti. L’obiettivo è ridurre il numero di iniezioni intravitreali assicurando un rilascio costante del medicinale e una maggiore stabilità clinica.
Il secondo studio è focalizzato su faricimab, un farmaco di nuova generazione capace di agire su due diverse vie biologiche alla base della neovascolarizzazione patologica, con l’intento di migliorare il controllo delle forme più resistenti di maculopatia umida.
Il terzo progetto, invece, riguarda la degenerazione maculare atrofica, per cui non esistono ancora terapie in grado di rallentarne efficacemente la progressione. Il farmaco oggetto di studio interviene a livello genetico modulando i processi infiammatori e degenerativi. La sperimentazione ne valuterà efficacia, sicurezza, farmacocinetica e farmacodinamica rispetto al placebo, aprendo nuove prospettive terapeutiche per una patologia finora priva di soluzioni.
Grazie a questi progetti e al lavoro del team multidisciplinare, l’Oftalmologia conferma il suo ruolo di centro di eccellenza, capace di offrire diagnosi di ultima generazione, terapie innovative e l’accesso a studi clinici avanzati. Un percorso di crescita che rafforza la posizione del reparto come riferimento regionale e nazionale nella gestione delle maculopatie, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei pazienti e contribuire allo sviluppo della ricerca.




