Prima del giudizio, il dolore di una comunità

A Natale, il silenzio necessario dopo una tragedia che ha colpito Novara

Questo editoriale doveva essere molto diverso. Doveva parlare d’altro, come spesso succede alla vigilia di Natale, quando si prova a fare un bilancio, a guardare avanti, a cercare parole che tengano insieme l’anno che finisce e quello che verrà. Ma a Novara, quest’anno, il pensiero non può che andare altrove. Alla morte di Dario Cipullo, 16 anni, trovato senza vita nel canale dopo un giorno e mezzo di ricerche e angoscia.

I primi esiti dell’autopsia hanno chiarito che la morte è avvenuta per annegamento, confermando l’ipotesi del tragico incidente. Un dato che, sul piano dei fatti, dovrebbe bastare. E che invece non è bastato a fermare il rumore dei commenti, soprattutto sui social. Domande che diventano accuse: come si fa a non accompagnare dentro casa un minorenne? A non accorgersi che un ragazzo non rientra? A scoprirlo solo al mattino?

Sono, invece, altre domande che meritano di essere poste, difficili da formulare ma senz’altro più necessarie: come si fa a non immedesimarsi nel dolore di quei genitori? A non sentire lo strazio di una perdita così? A non riconoscere che l’errore è umano e che esistono tragedie imprevedibili, che non possono essere misurate con il metro del “io avrei fatto diversamente”?

Questa non è una storia da processi morali. Comunque sia andata, è una disgrazia che ha colpito una famiglia e, insieme, un’intera comunità. E la comunità – che siamo tutti noi – nella sua parte migliore questo lo ha capito. Lo dimostrano le tante manifestazioni di affetto e cordoglio arrivate in questi giorni: dalle istituzioni alle scuole, dalle associazioni alle società sportive, fino ai messaggi diretti delle singole persone. Segni di una vicinanza che apre la nostra coscienza.

Una tragedia che ferisce ancora di più perché arriva a Natale. Nel tempo che richiama l’idea di casa, di protezione, di presenza, di unità. In una città come Novara, che non è abbastanza grande da permettersi l’indifferenza e che ancora una volta viene messa alla prova, non può esserci spazio per il giudizio se prima non c’è spazio per la cura.

Oggi l’unica cosa che conta è un abbraccio collettivo: ai genitori, ai nonni, ai familiari, agli amici di Dario. A chi sta portando sulle spalle un peso che nessuno dovrebbe mai portare, tanto meno da solo. Provare a reggerne una parte insieme non significa rinunciare a capire, ma evitare che il dolore si trasformi in isolamento.

Forse è questo il senso più autentico che quest’anno si può dare del Natale: ricordarsi che una comunità esiste davvero solo quando sa fermarsi, abbassare la voce e fare cerchio. Un Natale che, anche nel suo significato cristiano, nasce dalla fragilità e chiede prima di tutto vicinanza, non spiegazioni. Senza giudicare. Con umanità.

© 2025 La Voce di Novara
Riproduzione Riservata

Immagine di Cecilia Colli

Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore