«Il riconoscimento dell’IRCCS per il Maggiore della Carità non è solo un titolo: è un passaggio strategico per il futuro sanitario del nostro territorio. Il lavoro di questi mesi dimostra che, quando le istituzioni collaborano con continuità e metodo, i risultati arrivano». Così scriveva, a fine novembre, il coordinatore cittadino di Fratelli d’Italia Daniele Andretta in un post sui social, rivendicando anche il ruolo svolto dal senatore Gaetano Nastri e dalla consigliera regionale Daniela Cameroni, «impegnati in modo costante nel sostenere le esigenze del territorio nei passaggi decisivi: dal confronto con il Ministero alla valorizzazione delle specialità d’eccellenza, fino alla definizione del piano regionale».
A distanza di poche settimane, però, proprio i Fratelli d’Italia sembrano essere andati in tilt. E non da oggi. Il percorso per il riconoscimento del Maggiore come Irccs, infatti, non nasce certo nelle ultime settimane: fin dal suo insediamento il direttore generale dell’azienda ospedaliero-universitaria, Stefano Scarpetta, aveva indicato chiaramente questa come una delle traiettorie strategiche del mandato. Una linea sempre sostenuta anche dall’assessore regionale alla Sanità Federico Riboldi, in quota FdI – che ha nominato Scarpetta – e che ha inserito il Maggiore tra i cinque ospedali che la Regione intende candidare al Ministero della Salute per il riconoscimento.
Un’occasione importante per il territorio novarese, tanto più in vista della futura Città della Salute e della Scienza. Un’occasione che, però, negli ultimi giorni si è trasformata in un vero e proprio corto circuito politico per il partito di Giorgia Meloni.
In Regione, infatti, la maggioranza – di cui Fratelli d’Italia non solo fa parte, ma detiene anche l’assessorato alla Sanità – ha bocciato l’emendamento al Piano socio-sanitario presentato dal consigliere regionale del Pd Domenico Rossi. Un emendamento che chiedeva di specificare, nero su bianco, i reparti di immunologia ed ematologia come ambiti di riferimento per il riconoscimento Irccs. «Analizzando il Piano – ha spiegato Rossi – ho riscontrato che si faceva riferimento a un Irccs in modo del tutto generico. Per questo ho presentato un emendamento che indicava chiaramente i settori di ematologia e immunologia. In modo inspiegabile, la maggioranza ha scelto di votare contro. Da parte del Pd c’è piena disponibilità a collaborare, ma è indispensabile una maggiore coerenza tra le dichiarazioni pubbliche e gli atti normativi e amministrativi».
Poche ore dopo, a Novara, lo scenario si è ribaltato. Durante il consiglio comunale dedicato al bilancio di previsione, l’aula ha approvato all’unanimità un emendamento presentato dal capogruppo di Fratelli d’Italia Michele Ragno, che impegna l’amministrazione comunale a «favorire il riconoscimento dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Maggiore della Carità quale Irccs». Un voto arrivato mentre, a Torino, l’assessore Riboldi – dello stesso partito – bocciava proprio quelle richieste che l’opposizione aveva avanzato in Regione. Una contraddizione immediatamente evidenziata dal capogruppo Pd, Nicola Fonzo: «Voi oggi approvate ciò che noi chiediamo in Regione e che i vostri stessi compagni di partito bocciano».
Alla fine, più che un percorso lineare verso l’Irccs, quello di Fratelli d’Italia appare come un esercizio di equilibrismo istituzionale: una mano che alza il cartellino verde in Comune e l’altra che lo abbassa in Regione. A Novara si rivendica la visione strategica, a Torino si frena sui contenuti; a livello locale si vota l’impegno, a livello regionale si respinge la sostanza.
Il risultato è che il progetto resta, per ora, più uno slogan che una traiettoria amministrativa definita. E mentre il territorio attende atti coerenti, Fratelli d’Italia offre un singolare esempio di “federalismo interno”: l’entusiasmo affidato ai post social, le bocciature agli atti ufficiali. Una strategia che rischia non di rafforzare il percorso verso l’Irccs, ma di indebolirlo. E soprattutto di alimentare un dubbio difficile da scacciare: che l’Irccs piaccia molto finché resta una dichiarazione d’intenti, ma diventi improvvisamente meno convincente quando bisogna scriverlo, nero su bianco, nei documenti che contano davvero.







