L’odore del bianco e nero. È la prima cosa che si sente entrando nell’ufficio di Ugo Ponzio, fondatore di Radio Azzurra. Un luogo che sembra essere rimasto sospeso in un’altra epoca, dove il gracchiare delle trasmissioni radiofoniche pare ancora vibrare tra un mobile ingiallito e una foto sgualcita. È da qui, da questo piccolo museo vivente, che parte il racconto di una delle radio storiche di Novara, che quest’anno spegne cinquanta candeline.
Cinquant’anni cominciati quasi per gioco, nel 1975, nella prima sede in via del Formaggio. Da lì, una geografia sentimentale che dice più di tante parole: corso Italia, piazza delle Erbe e infine – da vent’anni – baluardo Lamarmora, l’indirizzo che oggi custodisce un pezzo importante della memoria della città.
Ponzio sorride, guarda le poche fotografie rimaste e un po’ si stupisce da solo: «Non pensavo che dopo cinquant’anni potessi essere ancora qui, apparentemente in buona salute, a raccontare una radio che è stata tra le prime del panorama nazionale e che, col tempo, si è conquistata notorietà e credo anche credibilità» racconta. Un’avventura cominciata senza immaginare la portata che avrebbe avuto: «All’epoca non si facevano foto, o comunque poche. Chi ne scattava era un appassionato con la reflex in bianco e nero. Quelle immagini oggi hanno un sapore incredibile: le riguardo e mi rendo conto che abbiamo fatto cose che neanche ricordavo».
Cose incredibili davvero: giochi, tornei improbabili, iniziative visionarie che oggi sembrano uscite da un romanzo di formazione collettiva. «Il bussolotto che nascondevamo in giro per la città – dice ancora Ponzio -. I primi premi: mountain bike nuove di zecca, un viaggio in Inghilterra, una Fiesta gialla che probabilmente nessuno voleva», ride il fondatore della radio. E poi gli artisti passati da qui, alcune relazioni rimaste nel tempo, un modo di fare comunicazione che era pionieristico senza nemmeno saperlo.
Nei suoi occhi, però, non c’è solo nostalgia. Anzi. «Una nota nuova e moderna è che abbiamo cambiato tutta l’apparecchiatura con strumenti di ultima generazione», spiega. Il segnale, che per anni aveva sofferto di disturbi e interferenze, oggi corre pulito grazie al DAB: «Riusciamo a coprire quasi tutta la Lombardia con pochissima potenza. Una cosa impensabile quando siamo partiti». E nel frattempo è cresciuto anche il cuore giornalistico dell’emittente che oggi conta una ventina di collaboratori: «Le trasmissioni sono quelle di sempre, ma abbiamo ampliato l’informazione locale, con spazi più specifici su fatti e personaggi che meritano di essere ascoltati».
Poi c’è un aneddoto, tragicomico, che torna spesso nei suoi racconti e che forse dice tutto dello spirito degli inizi. «Nei primi anni Ottanta stavo andando sul Mottarone con la mia 127 per controllare il trasmettitore. Era inverno e nevicava, più salivo più nevicava. A un certo punto la macchina non ce la faceva più. Ho chiamato mia moglie col radiotelefono – uno dei primi in funzione – dicendole di avvertire qualcuno. La neve aveva completamente coperto la macchina. Dopo più di un’ora sono passati degli operai che tornavano a casa: mi hanno caricato. Se non fosse stato per loro, non sarei qui a raccontarlo». Sorride, ma lo sguardo è quello di chi sa di averla scampata davvero…
Radio Azzurra oggi guarda avanti, senza smettere di fare i conti con ciò che è stata. Continua a raccontare Novara, i suoi movimenti, le sue voci. «Cerchiamo di andare al futuro osservando ciò che accade in città e non solo, senza dimenticare il passato ma con lo sguardo rivolto al futuro», dice Ponzio. Un futuro che spera di poter continuare a vivere in prima persona: «Magari tra qualche tempo sarò ancora qui a raccontarla».
E chissà. Forse entrando nel suo ufficio, anche tra altri dieci o vent’anni, si sentirà ancora quel profumo di bianco e nero. Perché certe frequenze non smettono mai davvero di trasmettere.




