“Sprigionare i pensieri”: un progetto di ascolto e identità nel carcere di via Sforzesca

Concluso con la donazione di due pc portatili alla Casa circondariale il percorso promosso dalla Fondazione Franca Capurro

Si è concluso con la donazione di due computer portatili alla Casa circondariale di Novara il progetto “Sprigionare i pensieri”, promosso dalla Fondazione “Franca Capurro per Novara”. Un’iniziativa fondata sull’ascolto di gruppo, sulla condivisione di vissuti e sulla ricostruzione della propria identità attraverso il confronto guidato.

Il progetto è stato presentato nella sede di Confindustria Novara Vercelli Valsesia alla presenza dei promotori, degli operatori e della direzione del carcere.

Nel suo intervento, Carlo Robiglio, presidente di Cnvv, ha ricordato la figura di Franca Capurro, imprenditrice edile e presidente dell’Associazione Industriali di Novara, scomparsa prematuramente nel 2005: «Una donna straordinaria, capace di guardare alla comunità e alle persone». Robiglio ha definito il progetto un pilota novarese che auspichiamo possa diventare regionale, un esempio di responsabilità sociale declinata in percorsi di rigenerazione personale.

A vent’anni dalla scomparsa della madre, Filippo Capurro ha ripercorso le attività della Fondazione, ricordando il lungo percorso di elaborazione del lutto e l’esperienza de “La cura di chi cura”, dedicata agli operatori del reparto di Medicina dell’Ospedale Maggiore. «Il carcere – ha spiegato – è stato un passaggio naturale: volevamo un progetto non solo legato al fine pena, come quello già avviato con la Senfor, ma fondato su un vero spazio di gruppo, libero, protetto e trasformativo».

Per Mariella Enoc, socia fondatrice, la continuità delle idee di Franca Capurro è il segno più forte della vitalità della Fondazione: «Franca era attenta alla formazione, ai rapporti umani, al lavoro. Dopo vent’anni, la Fondazione non solo è viva ma si è sviluppata». Enoc ha poi ricordato la sua esperienza a Rebibbia quando, da direttrice del Bambino Gesù, attivò un progetto con dodici detenuti impegnati nella segreteria dell’ospedale: «Un esempio concreto di cosa significhi dare fiducia e strumenti».

La direttrice della Casa circondariale di Novara, Annamaria Dello Preite, ha sottolineato che “Sprigionare i pensieri” si inserisce nel piano delle attività trattamentali dell’istituto: «Il reinserimento passa da più fasi: la presa di coscienza, la capacità di superare pregiudizi, la scoperta delle proprie risorse. È così che si avvia un autentico processo di risocializzazione».

Come ha ricordato Elisabetta Sebastiani, responsabile dell’area trattamentale, gli incontri sono iniziati un anno fa, con cadenza quindicinale fino ad aprile di quest’anno: «Hanno partecipato circa una decina di detenuti, italiani e stranieri, di età diverse. Alcuni sono stati trasferiti, altri hanno scelto di interrompere: la partecipazione è sempre stata libera. La restituzione finale è stata molto positiva».

Le psicologhe Giuliana Ziliotto e Marella Basla, che hanno condotto il gruppo, hanno raccontato la dimensione più intima del lavoro svolto: «Non abbiamo fatto domande. Sono stati loro a parlare di ciò che sentivano urgente, possibile, condivisibile». Il percorso è partito da una favola, che ha “aperto porte” e generato riflessioni profonde.

Il gruppo ha scoperto un luogo sicuro per valorizzare la parte sana della propria storia, recuperare identità e confrontarsi sul tema della libertà, intesa non solo come condizione fisica, ma come spazio mentale, relazionale, emotivo.

La donazione dei due pc non segna la fine, ma l’eredità concreta del progetto: strumenti utili a formarsi, imparare, ricostruire competenze. E, soprattutto, a proseguire un lavoro di ascolto, consapevolezza e crescita iniziato insieme.

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Immagine di Cecilia Colli

Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore