Assorbita dai doveri personali e dalle tante angosce del mondo, non mi sono però dimenticata di un compleanno importante: nel 2025 ricorre il centenario della prima pubblicazione degli Ossi di seppia di Eugenio Montale, un’opera che non ha mai smesso di parlarci con un linguaggio nuovo.
Già all’inizio del secolo il suo autore ci fa ascoltare la voce di un uomo smarrito in un mondo che non dà risposte certe e rivela la sua malattia interiore: uno stato di cupa prostrazione, un malessere esistenziale, una perenne inquietudine, che lo imprigiona nella paralisi dell’indifferenza.
Mia vita, a te non chiedo lineamenti
fissi, volti plausibili o possessi.
Nel tuo giro inquieto ormai lo stesso
sapore han miele e assenzio.
Il cuore che ogni moto tiene a vile
raro è squassato da trasalimenti.
Così suona talvolta nel silenzio
della campagna un colpo di fucile.




