Nel corso del 2024 quasi un piemontese su dieci ha rinunciato a curarsi. A dirlo è il nuovo Rapporto Gimbe, pubblicato ieri, che ogni anno fotografa lo stato di salute del Servizio sanitario nazionale, analizzandone efficienza e sostenibilità. Secondo i dati, il 9,2% dei cittadini del Piemonte – circa 391 mila persone – ha dichiarato di aver rinunciato ad almeno una prestazione sanitaria nel 2024, un aumento di 0,4 punti percentuali rispetto all’anno precedente. La causa principale resta la stessa: liste d’attesa troppo lunghe, che scoraggiano l’accesso alle visite specialistiche o agli esami diagnostici.
Dal punto di vista economico, il Piemonte ha ricevuto nel 2023 2.141 euro pro capite dal Fondo sanitario nazionale, con un incremento di 75 euro per abitante rispetto all’anno precedente, superiore alla media italiana di 71 euro. Nel 2024 la quota è salita a 2.182 euro per cittadino, valore sostanzialmente in linea con la media nazionale (2.181 euro).
L’aspettativa di vita alla nascita si attesta a 83,4 anni, perfettamente allineata alla media del Paese.
Per quanto riguarda il personale sanitario, il Piemonte si posiziona sopra la media nazionale: nel 2023 si contano 13,4 operatori ogni 1.000 abitanti (contro gli 11,9 italiani), di cui 1,91 medici (media nazionale 1,85) e 5,09 infermieri (media 4,7).
Sul fronte della sanità territoriale, invece, il quadro appare ancora incompleto. A fronte di una programmazione di 96 Case di Comunità, al 30 giugno di quest’anno 31 strutture hanno attivato almeno un servizio, e solo 6 sono pienamente operative con tutti i servizi obbligatori – tra cui una sola con la presenza sia di medici sia di infermieri. Le Centrali operative territoriali risultano attive e funzionanti, ma la situazione è ben diversa per gli ospedali di comunità: dei 30 previsti, solo uno risulta effettivamente in funzione secondo i dati regionali aggiornati al 30 giugno 2025.
Ma secondo l’assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi, «il Piemonte è tra le Regioni più virtuose d’Italia
con le migliori performance sanitarie mantenendo l’adempienza piena ai livelli essenziali di assistenza e confermando un posizionamento tra le prime in Italia in tutte le aree: prevenzione, assistenza distrettuale e ospedaliera. Un riconoscimento che premia il lavoro di operatori, strutture e sistema regionale nel suo insieme».
Riboldi non ignora le sfide: «Il rapporto fotografa anche le criticità che dobbiamo affrontare con urgenza: le liste d’attesa restano la prima causa di rinuncia alle cure, e la carenza di nuovi laureati in medicina e infermieristica rischia di compromettere la tenuta dei servizi, in particolare nelle aree interne. Su questo puntiamo con decisione per migliorare la sanità pubblica piemontese».
Il tema dell’ospedalizzazione evitabile e delle disuguaglianze territoriali, annuncia l’assessore, sarà centrale nella stesura finale del Piano Socio Sanitario Regionale 2025-2030, già in fase avanzata: «La nostra azione sarà chiara – conclude Riboldi –: consolidare ciò che funziona, riformare ciò che rallenta, garantire la salute come diritto effettivo su tutto il territorio regionale».
Immediato l’affondo del consigliere e segretario regionale del Partito Democratico, Domenico Rossi: «Il rapporto Gimbe è durissimo e fotografa una realtà sotto gli occhi di tutti: il Servizio sanitario vive una crisi strutturale, a causa del definanziamento mascherato. Così aumentano disuguaglianze, spesa privata e personale in fuga. Si tratta di un attacco durissimo alle scelte del governo Meloni e alla propaganda che la destra continua a mettere in campo sul tema del diritto alla salute».
E attacca direttamente Riboldi: «Solo l’assessore sembra non accorgersene e continua a descrivere una realtà lontana dai problemi: snocciola dati, ma dimentica di dire alcune cose: prima di tutto che la qualità delle cure in Piemonte è possibile grazie all’abnegazione degli operatori, nonostante i disastri del governo e che la nostra regione rispetta l’erogazione e adempie i parametri dei livelli essenziali di assistenza ininterrottamente dal 2010. Che secondo quanto riportato nel rapporto in Piemonte mancano 431 medici di medicina generale, che siamo tra le regioni più critiche per la carenza dei pediatri di libera scelta e che spendiamo, insieme alla Lombardia, il 48% del valore complessivo dei contratti per i gettonisti a livello nazionale con un valore assoluto più alto (115,2 milioni di euro contro 105 milioni dei lombardi) pur avendo noi meno della metà degli abitanti. Non dice che sempre dal rapporto si evince che sono aumentate le persone che hanno rinunciato alle cure tra il 2023 e il 2024: siamo a più di 390 mila – incalza Rossi ricordando che – siamo ancora in attesa di un piano straordinario di assunzioni fondato su un’analisi seria dei fabbisogni, ad oggi, mancante».