A Lumellogno, quartiere di poco meno di 1500 abitanti alla periferia sud-ovest di Novara, serpeggia da tempo un malcontento che ora trova una voce forte e simbolica: quella di Carlo Migliavacca, per decenni presidente di quartiere e protagonista di numerose battaglie civiche.
In una lunga riflessione che ha voluto condividere pubblicamente, Migliavacca lancia una provocazione che sa di ultimatum: uno “sciopero del voto” alle prossime elezioni amministrative, in segno di protesta contro quella che definisce una “cronica disattenzione” da parte delle amministrazioni comunali che si sono succedute negli anni.
«Chi si ferma è perduto, ma qui a Lumellogno siamo perduti anche in movimento. E se la popolazione di Lumellogno “fuori le mura”, visto il pessimo grado di attenzione che le varie amministrazioni comunali di Novara succedutesi negli anni, decidesse di boicottare il prossimo voto amministrativo comunale, rifiutandosi di votare?» scrive con amarezza. Un senso di esclusione e marginalità che, secondo l’ex presidente, non è nuovo, ma si rinnova a ogni tornata elettorale: «Arrivano i candidati, ti chiedono incontri, promesse a non finire, poi – una volta eletti – spariscono. E noi, ancora una volta, rimaniamo gabbati».
Migliavacca non risparmia nessuno: parla di «parole al vento», di una classe politica che sa parlare solo al futuro ma non mantiene nel presente. Ricorda che qualsiasi miglioramento per il quartiere è sempre stato frutto di proteste, non certo del dialogo istituzionale, e racconta con amarezza un episodio emblematico: «Un sindaco, anni fa, ebbe almeno il coraggio di dirmelo in faccia: ‘Preferisco perdere cinquanta voti a Lumellogno e prenderne cinquecento a Sant’Agabio’».
Il nodo, secondo Migliavacca, è tutto lì: in una logica elettorale che penalizza i quartieri piccoli e meno “appetibili” in termini di consenso. Ma se il voto è l’unica moneta di scambio, la proposta è radicale: non spenderla più. «Ora mancano circa due anni al rinnovo del sindaco e del consiglio comunale – scrive – non escludo il mio impegno nel voler realizzare lo sciopero del voto. Certo, è utopistico, ma tentar non nuoce: se non c’è niente per me, non c’è niente per te».
Parole dure, che colpiscono per il disincanto, ma anche per la passione civica che le anima. Lo “sciopero del voto” non è solo una provocazione, ma anche un invito a rompere il silenzio, a riaprire una discussione sul rapporto tra centro e periferie, tra amministratori e cittadini. Una discussione che, almeno a Lumellogno, sembra ancora tutta da cominciare.