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La piazza di Novara è tutta per Ahmad

Nel tardo pomeriggio di ieri, venerdì 26 gennaio, i volontari sono tornati a riunirsi davanti al Municipio del capoluogo per chiedere la scarcerazione del medico condannato a morte dalle autorità di Teheran. Letto anche un messaggio della moglie ai novaresi: “Lui spera sempre”

La minaccia di un allargamento del conflitto in corso nel Medio Oriente, con il coinvolgimento anche dell’Iran e il fatto che su Ahmadreza Djalali penda una condanna a morte da parte delle autorità di Teheran proprio per un presunto spionaggio a favore di Israele ha peggiorato la situazione. Il timore che la sentenza nei confronti del medico iraniano-svedese, che lavorò per alcuni anni anche presso l’Upo di Novara, possa davvero essere eseguita da un giorno all’altro ha mobilitato nuovamente gli attivisti di Amnesty International. Nel tardo pomeriggio di ieri, venerdì 26 gennaio, i volontari novaresi hanno promosso ancora un sit-in davanti a Palazzo Cabrino.

Con loro il sindaco Alessandro Canelli e il consigliere regionale Domenico Rossi. Entrambi hanno tra l’altro annunciato la presentazione, in Municipio come a Palazzo Lascaris, di una mozione da inviare al Ministero degli Esteri con la quale si solleciterà un intervento da parte della nostra diplomazia. Con loro anche Luca Ragazzoni, ricercatore e collega di Ahmadreza, che per primo ha lanciato una vera e propria mobilitazione internazionale per chiedere la liberazione dell’amico, non appena iniziato il caso, ormai quasi otto anni fa.


Una preoccupazione, come ha spiegato Franca Di Franco, responsabile del gruppo di Novara di Amnesty, originata dal fatto «che l’impiccagione possa essere eseguita come forma di ritorsione e rappresaglia per la condanna in Svezia del funzionario iraniani Hamid Nouri».


Canelli ha ricordato come l’amministrazione del capoluogo abbia sempre seguito la vicenda, concedendo ad Ahmadreza anche una simbolica cittadinanza onoraria: «E’ un miracolo che dopo tanti anni di detenzione Ahmadreza sia ancora vivo. Non possiamo fare molto, ma quel poco continueremo a farlo per tenere alta la nostra denuncia nei confronti di una detenzione inumana».


Ragazzoni, da sempre in contatto con Vera, moglie di Ahmadreza, e Rossi hanno ribadito che mobilitazioni come queste non possano che fargli piacere: «Non sarà stato inutile essere qui se possiamo aiutarlo a rimanere vivo». A dargli la speranza di continuare a lottare, perché lui, come ha scritto in un messaggio ai novaresi proprio Vera, “è molto provato”, ma la “cosa che ci fa andare avanti è l’incredibile sostegno che abbiamo ricevuto. Siete davvero la forza che ci spinge a combattere e a non arrenderci. Lui spera sempre che un giorno possa essere liberato”.

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Luca Mattioli

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