È innegabile che La Cenerentola di Rossini, andata in scena al Teatro Coccia per l’apertura di stagione, sia stata vitamina per l’anima. L’ultima vera Prima risale all’era pre Covid, a quell’ottobre 2019 quando andò in scena l’Ernani di Verdi. Ma quella era un’altra storia.
Questa, invece, racconta di una produzione che, come ogni altra situazione di questo periodo, ha dovuto fare i conti con la paura dei contagi e i protocolli rigidissimi; e che ha scontato la scelta di un cast giovanissimo con qualche inevitabile incertezza. I melomani, ad esempio, avranno notato la sostituzione della virtuosistica aria di Rossini, a metà del primo atto, con quella originale di Agolini, nettamente più semplice e indicata a un Alidoro di inizio carriera. Una spanna sopra il resto del cast, invece, per esperienza e timbrica vocale, il basso Simone Alberghini nei panni di don Magnifico.
Ma questa produzione racconta anche di un pubblico che ha dato la sua benedizione con un plebiscito di applausi durato infiniti minuti.
Grandioso il lavoro registico di Teresa Gargano che, grazie alla cura del dettaglio e alla profonda conoscenza del libretto, ha saputo trasformare i cantanti in attori esperti e perfettamente calati nella parte. Altrettanto immensa la direzione d’orchestra del maestro Antonino Fogliani.
Con questa Cenerentola la bellezza è finalmente tornata a teatro; bisognerà, però, attendere fino al 27 maggio per vedere sul palco del Coccia Tosca, l’unica altra opera di repertorio inserita in cartellone. Ci si augura che la direzione ci ripensi, contemplando almeno un altro titolo nella programmazione dei prossimi tre mesi.
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[ph foto di copertina Mario Finotti]























