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Il servizio sanitario che sogniamo. Slow Medicine ne parla con Silvio Garattini

Slow Medicine ha compiuto nel 2021 i suoi primi dieci anni di attività. Per iniziare un anno speciale di lavoro ha deciso di organizzare un dialogo con il professor Silvio Garattini, fondatore e presidente dell’Istituto Mario Negri IRCCS, su un tema di grande interesse: il Servizio Sanitario Nazionale. Mai come in questo periodo il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ha dimostrato la sua fondamentale importanza, ma anche le tante sue problematicità. Poiché non vogliamo che tutto torni come prima abbiamo pensato di aprire un dibattito su come poterlo ridisegnare mantenendo invariato lo spirito ispiratore di un sistema universalistico, equo e gratuito.

Nel web meeting che si è svolto il 6 aprile, il giorno prima della Giornata mondiale del diritto alla salute, abbiamo rivolto alcune domande al prof. Silvio Garattini, socio onorario di Slow Medicine, e ulteriori interrogativi sono stati posti dai numerosi partecipanti collegati.

Di seguito una sintesi dei principali temi trattati.

Il primo argomento ha riguardato il grande valore rappresentato dal SSN: dopo che la Costituzione, entrata in vigore nel 1948, introduceva per la prima volta con l’articolo 32 il diritto alla salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, solo nel 1978 con la legge 833 veniva fondato il SSN, intervento caratterizzato da universalità, equità e gratuità, per garantire a tutti le cure sanitarie.

Prima, con il sistema mutualistico, solo chi lavorava aveva diritto ad un servizio, spesso limitato, e nella maggior parte dei casi la possibilità di curarsi dipendeva dalle risorse economiche delle famiglie.

Purtroppo il SSN non ha avuto e non ha la capacità di mettere in evidenza la sua attività e i suoi risultati, e così sfugge a molti quanto sia stato fondamentale il cambiamento rispetto alle mutue, e quanto il SSN rappresenti un patrimonio da difendere per evitare pericolosi passi indietro, come un eccessivo ricorso al privato e alle assicurazioni.

Nello stesso tempo, il SSN necessita di profondi cambiamenti. Il primo riguarda la prevenzione primaria intesa come il mantenimento della salute, che è stata trascurata e deve invece rappresentare un grande cambiamento culturale, la stella che orienta il nostro SSN.

Più del 50% delle malattie croniche (diabete, insufficienza cardiaca, respiratoria, renale) rappresentano la conseguenza dei nostri comportamenti: dobbiamo dunque fare il possibile per evitarle sia per il nostro interesse sia per non sovraccaricare il SSN di attività evitabili. Ad esempio più del 70% dei tumori sono evitabili, ma muoiono ancora nel nostro Paese più di 160.000 persone l’anno per questa patologia. In questi casi la malattia rappresenta una sconfitta.

L’Italia è ai primi posti nel mondo per la durata di vita, ma risulta molto più in basso nella classifica per la durata di vita SANA: purtroppo gli ultimi anni di vita sono il più delle volte affetti da pesanti patologie.

La questione dei buoni stili di vita è fondamentale per migliorare la qualità della vita: smettere di fumare, ridurre al minimo l’alcol, avere una alimentazione varia ma moderata, le giuste ore di sonno, regolare attività fisica. Con corrette abitudini di vita il consumo di statine, benzodiazepine, antidepressivi e altri psicofarmaci potrebbe essere largamente ridotto. Sarebbero da fare più prescrizioni sugli stili di vita e meno sui farmaci: i farmaci vanno prescritti solo in caso di provata efficacia e utilità.

La prevenzione include anche i corretti screening e le opportune vaccinazioni. Il problema della salute va inserito nella scuola così come la conoscenza del metodo scientifico, e la prevenzione deve cominciare dai primi anni di vita. Purtroppo c’è un grande conflitto di interesse tra la concezione della prevenzione e il mercato della medicina: se tutti smettessero di fumare, ad esempio, dovremmo chiudere gran parte delle chirurgie toraciche; con buone abitudini di vita verrebbe venduto il 50% dei farmaci in meno.

La prevenzione non riguarda solo la sanità, ma dipende in gran parte anche da altri fattori quali ad esempio la riduzione dell’inquinamento atmosferico e la modalità di costruzione delle nostre città: la salute deve essere inclusa in tutte le politiche e necessita anche di interventi sui fattori sociali, economici, ambientali, culturali, educativi, in una responsabilità diffusa per la collettività. Uno degli interventi più importanti riguarda la scolarità, di cui abbiamo purtroppo in Italia bassi livelli.

Un’altra importante criticità che si è evidenziata nel SSN riguarda la medicina del territorio: soprattutto in questo ambito, la tragedia della pandemia COVID 19 ha rappresentato una scossa che ha evidenziato molte carenze e suggerito la necessità di apportare cambiamenti. Gli operatori lamentano da un lato il mancato investimento sul territorio e l’isolamento in cui sono stati lasciati in questo frangente e dall’altro il mancato riconoscimento pubblico della loro enorme attività.

Il professor Garattini ritiene impossibile che un medico di medicina generale, al momento attuale, possa lavorare da solo: la medicina è diventata troppo complessa, dunque i medici devono essere organizzati in gruppi e/o nelle case della salute, integrati con altre figure professionali (come infermieri e psicologi), collegati in telemedicina con specialisti, con supporto amministrativo, informatizzazione e possibilità di una maggiore apertura degli ambulatori. La sua opinione è che i medici di medicina generale debbano diventare dipendenti del SSN, anche per integrarsi meglio con i medici dell’ospedale, e che vada acquisita una cultura della multidisciplinarietà.

I medici di medicina generale possono rivestire un ruolo fondamentale nei riguardi della prevenzione primaria, supportando pazienti e cittadini nell’adozione delle corrette abitudini di vita, ed essere valutati sui risultati ottenuti (ad esempio riduzione del numero di fumatori, di obesi, dei dipendenti da alcol).

C’è una enorme necessità di informazione e di formazione indipendenti, non supportate dalle aziende farmaceutiche con i loro informatori, e di ricerca indipendente che coinvolga anche i medici del territorio.

Una tale organizzazione del territorio può ridurre molti accessi impropri ai Pronto Soccorso e agli ospedali, e può migliorare l’appropriatezza delle prescrizioni di farmaci (è abituale ad esempio la prescrizione agli anziani di 15-20 farmaci ogni giorno) e di accertamenti clinici.

La sostenibilità del SSN passa anche dall’evitare prestazioni inutili. Si tratta in definitiva di apportare cambiamenti per rendere il nostro SSN più sobrio, rispettoso e giusto.

Per approfondire l’argomento è possibile riascoltare integralmente il web meeting del 6 aprile cliccando QUI

Si può inoltre prendere visione del recente libro del prof. Silvio Garattini “Il futuro della nostra salute – Il Servizio Sanitario che dobbiamo sognare”.

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Sandra Vernero

Sandra Vernero

Medico chirurgo, cofondatore e presidente Associazione Slow Medicine, coordinatore del progetto "Fare di più non significa fare meglio - Choosing Wisely Italy”

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