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«Io, donna nera, ho subito ingiustizie e ricevuto proposte indecenti. Combatto l’ignoranza»

«L’Italia ormai è casa mia, il mio futuro è qua, non mi proietto da grande o quando sarò anziana in Togo, mio paese d’origine. Io sto bene qui. C’è una forte ignoranza di base, sotto tanti aspetti, ma il mio obiettivo da persona attivista, è proprio questo, lottare contro ogni forma di ignoranza, contro il razzismo, il sessismo, contro la violenza».

 

 

E’ la voce di Alexandra Da Silveira, 25enne originaria del Togo, in Italia da quando ha dieci anni, per la precisione a Romentino, da qualche tempo residente a Vercelli: Alexandra è stata fra coloro che sabato pomeriggio, 27 giugno, a Novara, hanno organizzato il “Black Lives Matters”, in piazza Puccini. Una manifestazione resa possibile grazie al lavoro di tante associazioni: La Comune, Asc Antonelli, Sermais, Can Novara, NovarArcobaleno, Collettivamente, Stayaleeve, Anpi, Cgil, Comitato Internazionalista, Usb.

 

«Sono contentissima del risultato, – dice Alexandra – ho partecipato alle manifestazioni di Milano, Torino, Vercelli, ma ho sempre vissuto a Novara e quindi avrei voluto fare qualcosa qui. E’ stato un lavoro di sinergia, nato con un incontro in videoconferenza e poi altri tre appuntamenti che ci hanno portato a sabato pomeriggio, – dice – in piazza Puccini c’erano tante persone “bianche”, questo è un bel messaggio. Dobbiamo impegnarci per lavorare sui giovani e con i giovani, siamo il futuro. Il nostro obiettivo di attivisti è quello di informare educando. E’ ora di cambiare. La generazione dei nostri genitori, la prima arrivata in Italia, è stata zitta, non ha mai denunciato e ha cercato di trasmettere anche a noi questo concetto. Ma non è sempre giusto, anzi: il nostro essere stati zitti ha contribuito a questa situazione, la responsabilità è un po’ anche nostra. Ecco perché è importante parlare».

Il percorso di Alexandra non è stato facile, diversi gli episodi di razzismo che ha subito. E all’inizio anche lei, come gli altri, ha preferito tacere.

«Il ricordo più forte che ho da ragazzina risale alle medie. A Romentino eravamo solo tre famiglie di persone di colore, in classe ero l’unica, questo è stato abbastanza un trauma. In classe c’era un ragazzo molto riservato che spesso bullizzava altri compagni, me compresa. Un giorno, mentre aspettavamo la prof che arrivasse in aula, – racconta Alexandra – lui se l’è presa con una mia compagna e sono intervenuta. Lui mi ha guardato e mi ha detto “Negra di m… scimmia, difendi la tua gente” e ha tentato di lanciare una sedia addosso. Io sono tornata a casa e non ho detto nulla ai miei genitori. Lo stesso pomeriggio la madre del mio compagno, con lui, hanno citofonato a casa, io mi sono spaventata pensando che la madre volesse litigare con i miei genitori, invece aveva le lacrime agli occhi per il dispiacere di quanto avesse detto il figlio. Mi ha colpito molto. Il mio compagno è stato poi sospeso con nota su diario e registro».

Alexandra a questo però era preparata: «Mio papà lo ha detto subito, che avrei subito ingiustizie, ma avrei dovuto essere forte e quelle parole sono sempre risuonate dentro di me. Anche se non è sempre giusto stare in silenzio, perché rischi di accumulare e di avere poi magari una reazione sbagliata». Alle medie però Alexandra ha trovato anche amiche, per esempio Margherita, incuriosita dalle tradizioni: «Mi ha invitato spesso a casa sua e abbiamo fatto i compiti insieme» dice Alexandra. La 25enne ha frequentato il Mossotti: «Non ero l’unica nera, eravamo una classe tranquilla e unita».

Secondo Alexandra in questi anni la situazione non è cambiata molto: «Purtroppo sessismo e maschilismo sono molto diffusi, – dice  – io sono donna e sono anche una donna nera, spesso in auto rallentano e mi offrono soldi in cambio di prestazioni sessuali, ricordo una volta di una persona che ha fermato me e una mia amica, ci siamo avvicinate pensando avesse bisogno indicazioni, aveva i pantaloni abbassati, è stato uno shock».

Alexandra ha imparato a non stare in silenzio, a esprimere le sue opinioni: «Dobbiamo parlare, far conoscere le persone che siamo, uguali a tutte le altre. Quando le persone che dicevo prima mi fermano ora non mi fanno più rimanere male, prima sì e rispondevo anche, ora ho preso coscienza della grande ignoranza che c’è, io credo che spetti allo Stato fare qualcosa. Penso per esempio anche alla statua di Montanelli imbrattata: io sono d’accordo sul rimuoverla, per collocarla dove le persone che hanno piacere possono ammirarla, ma mi metto nei panni di quelle persone che magari ci passano tutti i giorni e hanno subito violenze e sono state abusate…».

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Elena Mittino

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