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“Allontanamento zero”, scontro sul ddl regionale

È scontro aperto in Regione sul disegno di legge “Allontanamento zero. Interventi a sostegno della genitorialità e norme per la prevenzione degli allontanamenti” che punta a riformare il sistema degli affidi. Dopo averlo presentato lo scorso anno e predisposto a novembre, l’assessore alle Politiche sociali e ai Bambini, Chiara Caucino, avvocato, esperta di minori, lo ha illustrato lo scorso 13 gennaio in Commissione Sanità del Consiglio regionale.

Il ddl prevede lo stanziamento di 9 milioni di euro per il 2020 e di 12 per il 2021 per tutelare il diritto dei minori a crescere nell’ambito della propria famiglia d’origine evitando l’allontanamento forzato in caso di condizioni economiche critiche. «L’obiettivo fondamentale, a cui tengo particolarmente, è tutelare al massimo i bambini, istituendo, in particolare, l’obbligatorietà dei Progetti educativi familiari (Pef) per garantire condizioni adeguate a mantenere il minore nel nucleo originario» ha affermato Caucino, dichiarando di puntare «a ridurre il 60 per cento di allontanamenti», cosa «possibile e dimostrata dai dati».

E cita il fatto che in Italia la media dei minori allontanati dalle famiglie naturali corrisponde al 2,7 per mille contro il 3,9 del Piemonte, dove, a fine 2018, i minori allontanati dalla famiglia di origine erano 2597: di questi, 1050 in comunità (800 italiani e 250 stranieri non accompagnati), gli altri in affido. «Dobbiamo essere più cauti e allontanare i bambini solo se ci sono situazioni di reale pericolo» ha dichiarato l’assessore.

Il ddl contiene norme più restrittive da considerare per decidere l’allontanamento. La sola povertà dei genitori non potrà più esserne motivo e, promette Caucino, la Regione aiuterà le famiglie con un sussidio economico oltre all’attuazione del progetto educativo.

Il disegno di legge dispone anche la costituzione di un Osservatorio sull’allontanamento dei minori, che avrà il compito di monitorare la casistica, le attività, le prestazioni sociali e sanitarie, allo scopo di programmare interventi idonei.

COMITATO CHIEDE IL RITIRO

In opposizione alla realizzazione del provvedimento già a dicembre si è avviata una campagna di sensibilizzazione con raccolta di migliaia di firme e, in occasione dell’illustrazione in Consiglio, a Torino si è costituito il comitato “Zero allontanamento zero” che chiede il ritiro del disegno di legge e l’apertura di un tavolo di confronto. Del comitato fanno parte l’Associazione nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie, altre associazioni, sindacati, il coordinamento nazionale “Se non ora quando?”, docenti universitari, medici, avvocati, pedagogisti, assistenti sociali, operatori professionali dei consorzi socioassistenziali.

«Ogni bambino ha diritto a vivere in una famiglia adeguata a uno sviluppo affettivamente sano – affermano dal comitato – ma difficoltà importanti come problemi psichiatrici, dipendenze e abusi, non si superano in tempi brevi. La legge prevede un progetto educativo di almeno sei mesi prima di ricorrere ad altre iniziative, ma è grave attendere quando si hanno genitori con disturbi psicologici gravi o con dipendenze, e si trovano in pericolo per la salute o per la vita». E se «l’affido familiare è una risorsa umana e sociale aggiuntiva e non certo ‘strappare i bambini’», quella della giunta Cirio è definita «una iniziativa che mina un sistema di eccellenza pubblico».

IL DIBATTITO POLITICO

A seguito dell’illustrazione del ddl il vicepresidente della Commissione Sanità, Domenico Rossi ha dichiarato che «il gruppo del Pd si opporrà con tutte le sue forze al ddl “allontanamento zero”, che, già nel titolo, si presenta come un’aberrazione linguistica e culturale, nata sulla scia del “caso Bibbiano”, usato come propaganda a livello nazionale dalla destra italiana».

«Si parte dal presupposto errato – spiega Rossi – che l’allontanamento sia sempre un male, mentre la permanenza in famiglia sempre un bene, senza valutare il benessere del bambino che deve sempre essere al centro. Ma a smontare questo surreale immaginario ci sono i numeri e il lavoro dei professionisti che, quotidianamente, sono impegnati a gestire situazioni complesse e delicate, un lavoro che rischia di essere compromesso dallo spericolato gioco della propaganda politica».

Il consigliere novarese parla anche di «una strumentalizzazione che, sulla base di singoli casi, mina la credibilità di un modello di sostegno ai minori e alle famiglie costruito in Piemonte in tanti anni e che mette sotto accusa la generosità dei tanti nuclei familiari che in questi anni si sono fatti carico di situazioni molto difficili».

E conclude con una nota polemica: «Questo ddl è ritenuto così importante che non prevede nuovi fondi. E’ a saldo zero, non prevede nuovi fondi mentre occorrerebbero risorse aggiuntive, per svolgere azioni di supporto alla genitorialità e assumere nuovi operatori. Si dirottano risorse già dedicate alle politiche sociali con la conseguenza che si metteranno in crisi gli enti gestori».

A rispondere interviene il presidente del gruppo Lega Salvini Piemonte, Alberto Preioni, che ribadisce: «Con questa legge intendiamo salvaguardare le famiglie; servono azioni di prevenzione attraverso la redazione di progetti educativi personalizzati senza i quali, salvo diversa disposizione dell’autorità giudiziaria, non sarà più possibile procedere a un allontanamento. I servizi sociali continueranno ad avere il ruolo fondamentale che gli spetta, nell’interesse del minore a vivere nella propria famiglia. Crediamo che l’inserimento dei minori in strutture semi-residenziali e residenziali dovrà avvenire solo in via del tutto eccezionale».

«Poi certamente tutto è perfettibile – conclude Preioni – e per questo motivo la nostra opera di ascolto proseguirà. Francamente però non capisco le critiche che arrivano dal Pd, che sembrano essere solo preventive e poco aderenti al testo. Il loro sembra più che altro un attacco frontale all’assessore Caucino».

Sul sito del Consiglio Regionale sono aperte, fino al 14 febbraio, le consultazioni on line sul ddl per accogliere proposte e osservazioni.

 

 

 

 

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Antonio Maio

Antonio Maio

Nato a Lecco il 26 febbraio 1957, vive a Novara dal 1966. Giornalista dal 1986 ha svolto la professione quasi esclusivamente ai settimanali della Diocesi di Novara fino a diventarne direttore.

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