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Il Ramadan “novarese” fa i conti con il lockdown

Quello del Ramadan è forse il mese spiritualmente più caro ai musulmani. Iniziato lo scorso 23 aprile, nel fine settimana è entrato nella sua seconda metà. Ma come lo sta vivendo la comunità islamica novarese, alle prese come tutti gli altri cittadini con l’emergenza sanitaria? «Si tratta di un periodo importante per tutti noi – spiega Lebsir El Garras, responsabile della moschea cittadina – perché, accanto alla pratica del digiuno dall’alba al tramonto come prescritto da uno dei cinque pilastri dell’Islam, consente poi momenti di preghiera collettiva e successivi incontri conviviali la sera, dove ci si parla e si consuma qualche piatto tipico».

Tutto questo al momento non è possibile, «ma pure noi stiamo sfruttando le nuove tecnologie seguendo la preghiera in casa, fra i soli familiari, attraverso internet». Anche fra i musulmani novaresi la voglia di tornare alla normalità è tanta, «ma per il momento le regole sono queste e le dobbiamo rispettare, perché la cosa fondamentale è il distanziamento, per evitare ogni possibile contagio».

 

 

Anche quella novarese, al pari di altre comunità islamiche presenti in tutta la Penisola, ha contribuito a una raccolta di fondi per le strutture ospedaliere impegnate nell’emergenza covid. Un gesto di solidarietà ammirevole, passato però sotto traccia: «E’ vero – ha ammesso El Garras – Ma fa parte del nostro spirito. La carità e la beneficenza si fanno ma non si dicono. Così che ognuno di noi possa avere la coscienza pulita davanti a Dio e non davanti alla gente».

Una nota dall’attuale situazione dolente però traspare. Anche la comunità islamica novarese ha infatti pianto nelle ultime settimane qualche deceduto per il “Covid”: «Ne abbiamo registrati quattro. Il grosso problema – ha spiegato El Garras – è che non esiste in città un cimitero islamico. Quelli di Milano e Torino sono da tempo saturi, senza dimenticare che la nostra religione vieta la cremazione. In parecchi casi i familiari del defunto scelgono di trasferire la salma nei rispettivi Paesi di origine e la comunità si adopera di coprire i costi attraverso collette».

Questo in tempi normali. Ma ora, con i voli aerei sospesi, non è più possibile: «E poi non dimentichiamo che oltre a noi ci sarebbero anche diversi italiani convertiti all’Islam che avrebbero diritto a una sepoltura in un “nostro” cimitero. Per fortuna ci sono venite incontro le amministrazioni di Borgomanero e Castelletto Ticino, che hanno provveduto ad attrezzare una piccola area per destinarla ai nostri fratelli di fede. Poche decine di metri quadrati di terra, ma più che sufficienti».

Quello di El Garras è suonato dunque come un appello: «Se è stato possibile questo in città piccole come Borgomanero e Castelletto, perché non si può fare anche in un capoluogo di provincia come Novara? Quando l’emergenza sarà passata chiederemo ancora un incontro con il sindaco Canelli per trovare una soluzione».

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Luca Mattioli

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